Condiscepoli di Agostino

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Zenti mons. Giuseppe

Dopo dieci mesi trascorsi a Roma, finalmente Agostino poté salpare alla volta di Tagaste, dove possedeva un piccolo appezzamento di terra lasciato in eredità dal padre. Ormai però era tutto proteso a vivere da consacrato a Dio.

La lettura dei libri dei Platonici fu salutare ad Agostino. Un testo, di straordinaria bellezza, merita di essere riportato: “Ammonito da quegli scritti di tornare in me stesso, entrai nella mia interiorità. Entrai e vidi con l’occhio della mia anima, quale che fosse la sua condizione, e vidi al di sopra del mio stesso occhio dell’anima, sopra la mia intelligenza, una Luce immutabile, non questa luce di cui fruiscono tutti, visibile ad ogni carne, né una luce del medesimo genere, ma più grande, come se questa splendesse assai di più, e con la sua grandezza occupasse ogni realtà...

Ad Agostino la carriera a Milano arrideva. Ma vi era un ostacolo per la Milano bene, nella quale non avrebbe potuto entrare se non lo toglieva: la sua convivenza con la donna della plebe trovata a Cartagine...

Agostino fu liberato dalle paure di prestare fede alle verità della dottrina cattolica presentate da Ambrogio grazie alla scoperta che praticamente quasi tutto nella vita è fede, espressione di fiducia: crediamo ai genitori, al medico; crediamo esistenti luoghi mai visti, notizie solo riportate e senza questa fede la nostra vita sarebbe paralizzata...

Profondamente deluso dell’esperienza di insegnante, Agostino lasciò Roma per Milano, dove lo attendeva una splendida ed invidiabile carriera, in qualità di docente di retorica e di panegirista dell’imperatore e dei consoli...

A Cartagine Agostino aveva conosciuto un vescovo manicheo, Fausto, uomo colto, forbito nel parlare al punto da attirare la sua ammirazione. Gli riuscì di fissare un appuntamento con Fausto. Lo attendeva con ansia. Aveva un pacchetto di questioni da sottoporgli...

Agli inizi del libro quarto delle Confessioni Agostino sente il bisogno di tracciare una sintesi dei nove anni trascorsi in preda al Manicheismo: “Per il tempo dei nove anni, dai diciotto fino ai ventisette, mi lasciavo sedurre e seducevo, da ingannato e da ingannatore, nelle varie concupiscenze”. Si ritrovava superbo, superstizioso, insegnando per la gloria e per gli applausi teatrali, si cimentava negli agoni poetici per corone di fieno. Il tutto in compagnia di amici, ingannati da lui e con lui.

Come ogni figlio, anche Agostino era inseparabile dalla madre Monica. Donna eccezionale sotto tutti i profili. Ha seguito il figlio ovunque, senza essere invadente. Da vera madre che si sentiva chiamata a ripartorire continuamente il figlio nel suo aggrovigliato travaglio morale, culturale e spirituale. Vediamo in che modo.

Il tratto della vita di Agostino che stiamo per prendere in considerazione è denso di avvenimenti, tutti guidati dal suo istinto di andare sempre oltre, di non fermarsi se non dove avrebbe potuto sentirsi appagato. Un eterno inquieto, che troverà la sua vera pace nel realizzarsi in Dio.

Dopo aver narrato le vicende della sua infanzia e della sua fanciullezza, Agostino confida il travaglio da lui sperimentato nella stagione della vita in se stessa turbolenta, la adolescenza, da lui vissuta da irrequieto e carico di idealità, sbrigliato e incontenibile. A cominciare dal sedicesimo anno di età, cioè a quindici anni.