Condiscepoli di Agostino

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Zenti mons. Giuseppe

Agostino si chiede se il Mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio era assolutamente necessario ai fini della redenzione dell’umanità. Di certo no

Il retore Agostino è sempre molto preciso nella selezione della terminologia. Un termine non equivale all’altro, anche nel caso di sinonimia...

Se fino al libro ottavo del trattato sulla Trinità il linguaggio di Agostino è sufficientemente comprensibile, dal libro nono in poi ci imbattiamo in un percorso che richiede concentrazione e acutezza di mente...

Entrando nel libro nono del trattato sulla Trinità, Agostino indugia nel rintracciare nell’uomo i segni della presenza della stessa Trinità...

Agostino era più che mai convinto che dove si trovano segnali di carità, cioè di amore fraterno, lì si riscontrano le tracce della presenza della Trinità. Ne parla ad esempio nel Commento alla prima lettera di Giovanni...

Nel libro VIII, che fa da ponte tra la prima e la seconda sezione del trattato sulla Trinità, Agostino riprende in considerazione un pensiero a lui molto caro e assai radicato nella sua mente: “Prima di comprendere dobbiamo credere” (De Trinitate 8,5.8: “Prius autem quam intellegamus credere debemus”)...

A mano a mano che si inoltrava nella vita, Agostino si immergeva in Dio, che considerava Mistero di amore relazionale trinitario...

Nel trattato sulla Trinità di Agostino non poteva mancare questo aforisma, che fa da sintesi: Dio è uno e trino. Uno nella essenza. Trino nelle Persone. Come a dire che l’Assoluto di Essere, nel suo Essere unico, appartiene a ciascuna delle tre Persone divine...

Di sicuro Agostino può essere definito un singolare teologo del Mistero della Trinità. Vi dedica un intero trattato che gli è costato oltre venti anni di eleborazioni. E nel frattempo annunciava i medesimi contenuti ai fedeli, in termini più accessibili...