Condiscepoli di Agostino
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Monica presente da madre nel travaglio del giovane Agostino

Come ogni figlio, anche Agostino era inseparabile dalla madre Monica. Donna eccezionale sotto tutti i profili. Ha seguito il figlio ovunque, senza essere invadente. Da vera madre che si sentiva chiamata a ripartorire continuamente il figlio nel suo aggrovigliato travaglio morale, culturale e spirituale. Vediamo in che modo.

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (310), Vescovo di Verona (245)

Come ogni figlio, anche Agostino era inseparabile dalla madre Monica. Donna eccezionale sotto tutti i profili. Ha seguito il figlio ovunque, senza essere invadente. Da vera madre che si sentiva chiamata a ripartorire continuamente il figlio nel suo aggrovigliato travaglio morale, culturale e spirituale. Vediamo in che modo.
Provvidenzialmente, il curriculum degli studi di retorica prevedeva la lettura di un’opera di Cicerone, l’Ortensio, comperato con il denaro di sua madre, dal momento che suo padre, Patrizio, era morto da due anni, nel 371, dopo aver ricevuto il Battesimo. Agostino diciottenne lo lesse e studiò “con incredibile ardore del cuore”, per l’esortazione alla ricerca della sapienza. L’unico limite contenuto nell’opera di Cicerone, per forza di cose, era l’assenza del nome di Cristo, mentre “il mio cuore ancora nella tenera età lo aveva succhiato piamente con il latte materno, e lo conservava nelle sue profondità, e tutto ciò che fosse stato senza questo nome, per quanto degno di un letterato, forbito e veritiero, non mi rapiva totalmente”.
Tentò di leggere la Bibbia. Ma non la trovò all’altezza della lingua ciceroniana e, arrogante qual era allora, preferì trascurarla. E così, comunque in ricerca della verità, “caddi preda di uomini deliranti nella superbia […] dicevano: «Verità, verità!»”. Erano i Manichei, che tuttavia non possedevano quella Verità cui Agostino aspirava fin nelle profondità delle sue midolla. Di fatto le loro verità altro non erano se non fantasmi, favole, miti. In definitiva, insensatezze. Probabilmente Agostino aderì al manicheismo perché, ancora incapace di pensare alle realtà trascendenti, del tutto libere dalla materia, trovò in esso una soluzione di tutta la realtà, anche quella divina, di tipo materialistico corporeo, al punto da pensare Dio come un corpo luminoso e immenso, di cui l’io è un frammento. La filosofia manichea era fondata sul dualismo metafisico, che contrappone la luce della verità alle tenebre dell’errore, lo spirito alla materia, il male al bene. Lo stesso bene e male procedono da due principi contrapposti e inconciliabili. Tutto sommato, in qualche modo rispondeva alla condizione spirituale morale vissuta allora dal giovane Agostino e perciò faceva presa su di lui: mentre infatti aspirava alla luce, in forza del suo spirito, si sentiva travolgere dalla libidine che attribuiva al suo corpo. Di conseguenza gli sembrava di aver trovato la soluzione della sua dicotomia.
A questo punto però conviene ridare la parola ad Agostino che ci offre osservazioni di altissimo livello psicologico e filosofico: “Ignaro com’ero di queste questioni, ne rimanevo molto turbato e mentre mi allontanavo dalla verità mi sembrava di andarle incontro, in quanto non sapevo che il male altro non è se non la privazione del bene, fino alla sua assoluta inesistenza”.
L’unica persona che, nella fede orante, aveva la percezione dello stato dell’anima di Agostino, come per telepatia, era sua madre Monica. Pregava nel pianto ogni giorno per suo figlio. Finalmente ebbe un sogno: mentre stava ritta in piedi su un regolo (una piccola imbarcazione), vide venirle incontro un giovane splendido, un angelo, che la rasserenò facendole vedere sul medesimo regolo, accanto a lei, Agostino, sottintendendo la sua possibile conversione. Al sogno seguì una risposta profetica. Monica ebbe la sorte di incontrare a Cartagine, dove nel frattempo era giunta per essere accanto al figlio, un Vescovo che ascoltò le sue preoccupazioni. Voleva convincerlo ad entrare in dialogo con Agostino, al fine di distoglierlo dalla setta. Il saggio Vescovo si rifiutò di accondiscendere, facendole notare che solo una sua maturazione interiore l’avrebbe liberato dalla presa della setta. Ma Monica insisteva con suppliche e lacrime. Alla fine, alquanto irritato per l’insistenza: «Vattene, lasciami. Possa tu vivere: non può accadere che il figlio di codeste lacrime perisca».

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