Caffè & brioche

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"Autostrada deserta al confine del mare" canta Antonello Venditti. E così rischiano di essere le arterie stradali grandi e piccole se venisse approvata la proposta del ministro Dario Toninelli di ritirare la patente a chi guarda il cellulare mentre guida. Un'abitudine tanto diffusa quanto pericolosa che non si è riusciti a debellare quella di operare con lo smartphone mentre si è al volante. Ed evidentemente le sanzioni attualmente in vigore e già piuttosto salate (contravvenzione tra 160 e 646 euro e perdita di cinque punti dalla patente) non costituiscono ancora un deterrente sufficiente. Da qui il loro probabile inasprimento. E sì che bastano pochi euro per munirsi dell'auricolare per poter guidare in sicurezza senza dover togliere le mani dal volante. Ma ovviamente con il "bottone" all'orecchio non si possono leggere gli sms, mandare le email, fotografare. Tutte cose che però si possono fare ad auto ferma e opportunamente parcheggiata. Perché la vita propria e quella degli altri vale più di un messaggio su whatsapp e di un selfie.

"Comunque i Papaboys al Circo Massimo sono gli unici ad essere rimasti carichi in questo paese". Così su un account Twitter che fa il verso ad un noto politico da qualche tempo in declino. In effetti, a parte la discutibile e francamente superata terminologia di Papaboys, vedere e ascoltare i giovani radunatisi attorno a papa Francesco in vista del Sinodo di ottobre, ha mostrato una realtà diversa da quella delle statistiche, dei rapporti sulla gioventù, descitta come una generazione perduta. Le questioni, le domande di senso non sono state eluse, ma sono emerse in tutta la loro pregnanza: i sogni, l'amore, la famiglia, lo studio, l'impegno sociale, la libertà, la Chiesa... Ora la carica dei pellegrinaggi e delle giornate romane è chiamata a diventare testimonianza concreta nella vita di ogni giorno, nelle singole comunità e ambienti di vita, perché – come ha evidenziato il Santo Padre – «dove non c'è testimonianza, non c'è lo Spirito Santo» e «la Chiesa senza testimonianza è soltanto fumo».

Corsie preferenziali riservate ad autobus e taxi, strade del centro storico percorse in contromano, di notte senza fanali e catarifrangenti... Mi sono sempre chiesto se le biciclette fossero ancora soggette al rispetto delle norme del codice della strada. Fino a questa mattina quando un vigile nella centralissima via Garibaldi ha fatto scendere dal velocipede una signora che avanzava in senso vietato, come tantissime persone fanno ogni giorno, mettendo a rischio la propria incolumità, per non percorrere 50 metri in più sulla parallela via Duomo. Mi sono congratulato con l'agente. Oggi ho una certezza in più.

Arrivato finalmente al mare per le agognate vacanze, dopo un viaggio da "bollino rosso" riesco anche ad andare alla Messa. Mi siedo sui banchi, qualche volta fa bene anche a un prete partecipare come un "semplice" fedele, pregare con gli altri e ascoltare... Naturalmente mi metto nei primi banchi perché ho sempre visto con sofferenza quelli che si mettono in fondo. Dopo qualche istante si accomodano accanto a me tre signore del posto e mi chiedono di spostarmi un po'. Penso: "Che bello vedere le persone che vanno a Messa insieme". Ma dopo alcuni istanti incomincia un chiacchiericcio che francamente mi da fastidio. Le guardo, tossisco, dimostro la mia insofferenza... macché. Allora non volendo aprire una polemica mentre il parroco sta predicando dal pulpito, mi alzo e vado a prendere posto nell'ultimo banco, quello che fino ad ieri consideravo "maledetto". Ebbene: ho seguito la messa (quello che restava) magnificamente, in mezzo agli "ultimi". «Perciò cari fratelli e sorelle: quando andate in chiesa non importa dove prendete posto, va bene anche l'ultimo banco purché partecipiate con attenzione e con amore, senza distrarsi e senza distrarre». Amen.

Sono passati esattamente undici anni da quando Verona finì nelle cronache nazionali dei giornali per la multa di 50 euro comminata ad una mamma perché il suo bambino di quattro anni venne sorpreso ad addentare un panino sulla scalinata di Palazzo Barbieri. Oggi il Comune ha diffuso una foto con in primo piano il cast dello spettacolo Shakespeare in love in programma nei prossimi giorni al teatro Romano. Nell'immagine, a sinistra, dietro al gruppo di attori e ai promotori dell'Estate teatrale veronese, un gruppo di ragazzi che diresti in gita mangiano e bevono tranquillamente seduti quanto hanno acquistato in un vicino fast food. Potrebbero essere tranquillamente coetanei di colui che nel 2007 venne multato. Come passa il tempo! Sono trascorsi undici anni, ma diresti un secolo.

Un anno e mezzo. Tanto ci è voluto per scoprire il corpo senza vita di una donna sessantenne, morta nella sua casa a Borgo Roma, in un condominio dell'Agec. L'ennesimo dramma della solitudine. La donna, divorziata e senza figli, si è spenta nel suo letto e nessuno l'ha più cercata. La posta e gli avvisi di pagamento hanno iniziato ad accumularsi. Ma le tapparelle dell'abitazione sono rimaste sempre abbassate. I vicini credevano che la donna fosse ricoverata in ospedale o in qualche struttura sanitaria. Nessuno sospettava una fine tanto amara. E mentre ora infuria la polemica sui controlli e sulle responsabilità, l'unica cosa che resta è soltanto una grande pena.

Per le presunte irregolarità amministrative che la Procura federale addebita al Chievo, è stata chiesta una pena tutto sommato mite per la società e il suo presidente Campedelli. La richiesta è di retrocedere il Chievo in Prima divisione (e non in Seconda, come si temeva in un primo momento), dove l’attendono splendidi derby con il Concamarise. Per Campedelli, la Caprino-Spiazzi fatta in ginocchio su ceci sparsi al momento, mentre due guardialinee lo fustigano con la bandierina. Una volta arrivato, corsa all’indietro fino a Ferrara di Monte Baldo, urlando a tutta forza: “Il pandoro Paluani fa schifooooo!”. Ora si attende la sentenza di primo grado.

Aridatece i Mondiali! Pochi giorni, e già siamo in crisi di astinenza. Ci obbligano a guardare la presentazione di un giocatore che guadagna un euro al secondo e che dice: buongiorno, oppure un’amichevole estiva di qualche squadra di A con la rappresentativa scapoli di un paese alpino, mentre noi agogniamo pure un Irlanda-Galles, un Guatemala-Honduras, finanche un Nuova Zelanda-Isole Figi. Ci siamo divertiti, anche di più del solito perché non c’era l’Italia e ci siamo gustati le partite per quel che sono: un gioco divertente. Molte persone che dicevano: se non c’è l’Italia neanche lo guardo questo Mondiale, poi hanno posticipato le ferie per non perdersi un quarto di finale. E alla fine abbiamo fatto il tifo per due squadre rappresentative di due popoli che in genere considerano gli italiani un errore della natura. Eppure quanto ci mancano…

È la pubblicità più bella del giorno, del mese, del secolo: “Cara, ho prenotato le vacanze per la prossima settimana!”. E lei: «Davvero? Che bello!!! Oh no, proprio quando (e qui esce il nome di una nota catena di supermercati) fa le vendite con il 50% di sconto…”. E lui: “Ma dove pensavi che avessi prenotato?”, detto con aria di complicità e soddisfazione per avere realizzato il sogno dell’anno: passare una bella settimana di vacanza a fare la spesa tutti i giorni in quel supermercato. No Grecia, no Dolomiti, no in bici sulla nuova ciclovia di Limone del Garda: tra gli scaffali a fare la spesa. Lo spot s’interrompe senza far sentire il rumore metallico di una vanga che incoccia una testa a tutta forza…

Sulla Marmolada si è fatto un pezzo di guerra ’15-’18. Sulla Marmolada si sta facendo una nuova guerra, questa volta tra trentini e veneti. Perché qualcuno a Roma ha deciso che la vetta di una delle montagne più belle e simboliche d’Italia – finora spartita egualmente tra le due regioni – ora sia completamente di competenza trentina. Apriti cielo giù nel versante bellunese! No pasaran!, il grido di battaglia. E il Consiglio regionale veneto ha deciso di riunirsi in cima alla Marmolada per far capire che qui non si deflette di un millimetro. Ci sarebbe da chiedersi cosa voterebbe la Marmolada stessa, se sottoposta ad un referendum sulla Regione di appartenenza. Forse si guarderebbe intorno, e si chiederebbe quanti Comuni veneti stanno cercando in tutti i modi di diventare trentini, e quanti sono quelli trentini che hanno imboccato la via d’uscita…