Caffè & brioche

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Or dunque il nostro amatissimo ministro dei Lavori pubblici Danilo Toninelli – uno che amiamo smisuratamente per la sua capacità di farci ridere – ha detto che in Abruzzo ci sono viadotti messi proprio male, i piloni malandati li ha visti egli stesso di persona personalmente. Ha fatto chiudere l’autostrada? No. E cosa devono fare gli automobilisti che ogni giorno la percorrono? Pensare a Toninelli e, appunto, ridere per non piangere.

In tremila per dieci posti da infermiere. E poi dicono che mancano gli infermieri, negli ospedali italiani… Ma il pensiero va a quei tremila che, da tutt’Italia, si sono fiondati a Verona per sfidare la sorte. Perché una simile selezione non è una gara che seleziona i migliori, ma una vera roulette. Con che animo ti accingi a fare le prove di selezione, sapendo che per un posto ci sono trecento pretendenti?

Finalmente si stanno chiarendo i contorni della manovra economica di questo governo. Si andrà in pensione a quota 100. Significa che i quasi pensionati di oggi possono accedere all’assegno pensionistico sommando i 62 anni con 38 di contributi (e quegli anni di contributi versati rimangono soglia minima a qualsiasi età superiore). I giovani di oggi andranno invece in pensione a quota 100 intesa come età.

Abbiamo visto nelle locandine del quotidiano locale che “finalmente” partirà il filobus. A parte che è partito tante di quelle volte che è da stupirsi che sia ancora fermo, ma il finalmente sta per: è più di vent’anni che ne parliamo? Oppure che è una bella soddisfazione che si faccia un’opera che non ha alcun senso né per la città né per i trasporti pubblici (che verranno sconquassati in peggio), che porterà meno persone di adesso e che in definitiva sarebbe meglio lasciare al capolinea? Ai posteri che leggeranno il prossimo “finalmente parte” l’ardua sentenza.

In questa sonnolenta amministrazione cittadina non si capisce bene cosa facciano almeno due o tre assessori. Bene: se ne prende uno e gli si dà la delega specifica alla mobilità, in particolare quella per le biciclette, per trasformare Verona in una città amica di chi preferisce le due ruote alle quattro. Sono migliaia i veronesi che preferirebbero la prima alla seconda soluzione, ma se ne guardano bene di rischiare la vita in molte strade cittadine, soprattutto nei quartieri. E ogni bici in più è un’auto in meno, inquinamento compreso. Ce la facciamo non dico a diventare come Ferrara, ma almeno come Brunico?

Si era in attesa di un’altra superba dichiarazione del ministro pentastellato Danilo Toninelli, e ieri ce l’ha regalata: parlava di quanti camion passano sotto la galleria del Brennero ogni giorno. Nessuno, gli hanno fatto notare: la galleria non esiste, la stanno costruendo, sarà ferroviaria. Poi, la prova-palloncino.

Ma c’è qualcuno, dentro il Partito Democratico veronese, che condivida le idee e l’agire della Padovani e alzi la manina dandole il proprio appoggio? Qualcuno che, idealmente, non si senta disturbato e offeso nel proclamare che è cosa buona e giusta aiutare le associazioni che si occupano di tutelare e promuovere la vita? Mai udito tanto silenzio, e constatato così poco “coraggio” in politica.

Ma come mi è piaciuto il Mobility Day! Ma quanto è bella questa idea! Ma quanto, ma che grandissima idea, ma perché non averci pensato prima, durante e dopo… Ma non vedo l’ora che se ne facciano tante altre, di domeniche in cui alcune vie della città sono chiuse al traffico (mentre tutte le altre no, con automobilisti che smoccolavano per i giri che sono costretti a fare). Alle 19 si respirava un’aria balsamica, in certe zone della città: ecco a cosa è servito il Mobility day. O no?

Il voto favorevole della capogruppo del Partito Democratico scaligero, Carla Padovani, alla mozione "per la prevenzione dell'aborto e il sostegno alla maternità" approvata dal consiglio comunale di Verona che aveva come primo firmatario il leghista Alberto Zelger è diventato un caso nazionale. Dapprima la reprimenda degna di miglior causa del segretario politico Martina; quindi addirittura la richiesta di espulsione dal partito da parte dell’ex ministro Orlando; inoltre l’invito alle dimissioni auspicato dalla responsabile del dipartimento pari opportunità Catizone. Infine la levata di scudi di alcune corifee della legge 194. Insomma, in via del Nazareno l’hanno presa davvero male. E sì che la libertà di coscienza, rivendicata da Padovani (che si è presa dell’ultracattolica, pensa te!), dovrebbe essere un must per un partito che si definisce democratico, progressista, aperto, plurale e inclusivo. Per non parlare del desiderio del segretario di «voler lavorare con le realtà cattoliche che hanno una visione generativa della società», espresso il giorno stesso – ieri – in un’intervista ad Avvenire. Appunto, proprio come quelle che supportano le mamme che decidono di non abortire. Lasciando ai vertici del Pd la soluzione del “qui lo dico e qui lo nego” una domanda sorge spontanea: c’è ancora spazio nel Partito Democratico per i cattolici senza se e senza ma (come Carla Padovani)?

A quasi due mesi dal crollo del ponte di Genova, deve ancora essere nominato il commissario straordinario che gestirà la sua ricostruzione. Se questi sono i tempi per una semplice nomina, si fa prima ad attendere lo scioglimenti dei ghiacci che allagheranno Genova, risolvendo in automatico il problema. Se questi sono i tempi dell'azione governativa, i contrari al reddito di cittadinanza stiano tranquilli: il primo assegno verrà staccato a favore di chi oggi è all’asilo.