Caffè & brioche

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In Russia hanno inventato un automezzo che ripara le buche sull’asfalto in soli cinque minuti. Un successo strepitoso, da subito. La società che l’ha realizzato è stata sommersa di richieste dall’Italia, dove le strade sono ormai in condizioni pietose (pure certe autostrade: la prima corsia della tangenziale nord di Milano sembra un sentiero di guerra). Pure Verona l’ha voluta, e stava arrivando e avrebbe già iniziato a lavorare, se non fosse che in corso Porta Nuova è caduta in un cratere e ha bucato le gomme…

Non si capisce perché non sia possibile rifare lo stadio Bentegodi dov’è ora. Lo si butta giù in dieci secondi con delle belle cariche di dinamite; qualche mese per portare via le macerie; un annetto per ricostruirlo perfetto, da 25mila posti, pagato magari dalle società calcistiche che poi lo utilizzerebbero come meglio aggrada loro. I parcheggi ci sono, la vicinanza alla stazione e alla tangenziale, pure. Dice: ma i tifosi, che faranno nel paio d’anni che servono per rifare il new Bentegodi? Boh, si può chiedere in prestito l’impianto di Mantova o quello di Vicenza; tanto, per le squadre locali che giocano lì… E se è per i supporter che ha il Chievo, e che facilmente avrà l’anno prossimo l’Hellas, potrebbe bastare pure il campo da calcio di San Massimo.

Chi ha fatto Pasqua e Pasquetta a casa, col sole che c’era? Solo i matti. Letteralmente. Quelle persone che sono solo un costo, che non guariscono mai, e che quasi mai votano. Un problema sociale, come dicevano i nazisti che infatti con loro avevano sperimentato un’efficace quanto drastica ricetta taglia-costi. Non risulta che nessun leader politico se ne sia venuto fuori in campagna elettorale affermando: con me, questi ultimi diventeranno primi, e non veramente gli ultimi di questa società. Dello scarto, come la definisce un illustre esponente religioso vestito di bianco. Un matto, se pensa che i matti non siano solo pesi ma persone.

«Insegnateci il senso del limite, da soli non siamo in grado», avrebbe detto una studentessa ai ricercatori che scoprivano l’acqua calda, e cioè che per i ragazzini d’oggi lo smartphone è peggio della droga. Bah… Avrà avuto un momento di (rara) lucidità, perché l’esperienza personale insegna che – dagli 11 anni in su – i giovanissimi non abbiano alcuna voglia di limitarsi almeno un po’. Instagram, la parola magica. Verrebbe voglia di scrivere tutte le cose che si dicono ai figli (“la vita vera è altro!”, “spegnilo!”, “ai miei tempi…”), ma – sempre per esperienza personale – non serve letteralmente a nulla. La cosa peggiore è un’altra: mentre si sermoneggia con la figlia su quella protesi della mano chiamata smartphone, lei ti secca in un nanosecondo facendoti notare i genitori dei suoi amici: tutti intenti a chattare con altri su quanto sia luminoso il sole e quanto sia respirabile l’aria. Con la testa china sullo smartphone che non abbandonano mai, come i figli. Quindi sono i ragazzini i “drogati” dal cellulare?

Avete notato che, quando le scuole a Verona sono aperte, il traffico assomiglia a quello di Caracas, mentre quando c’è vacanza la circolazione si fa calma come a Portobuffolè? Quindi, al netto di piogge, lunedì, fiere e quant’altro, il colpo di grazia lo danno i nostri figli che vanno a scuola. Anzi noi che li accompagniamo, mettendoci pure la scia di bus provenienti da ogni dove. Siccome il problema delle scuole è ineliminabile – anche se, per la quantità di asini che sfornano, qualcosa si potrebbe pur fare anche lì –, forse gioverebbe procedere per la strada che ormai tutti indicano come più intelligente: orari diversificati d’ingresso, prima le elementari e le medie, più tardi le superiori. Basterebbe mezz’ora, un piccolo passo per il sistema scolastico veronese, un grande passo per l’umanità scaligera. Non lo faranno mai.

Una delle tante opere nate sulla carta, morte sulla carta: parliamo della cosiddetta Nogara-Mare, una bretella autostradale che avrebbe dovuto congiungere appunto Nogara (e Mantova) alla nuova Romea (che anch’essa vegeta da anni nel limbo). Per carità: avrebbe congiunto metropoli come Casaleone, Castelguglielmo, Pontecchio Polesine, Gavello… Il sospetto che non fosse l’autostrada più attesa nel mondo occidentale sorgeva abbastanza spontaneo. Ci fosse stata, avrebbe fatto comodo alla nostra Bassa. Ma i soldi? Ecco, su quelli i sogni sono morti all’alba. Zaia, che Nogara la deve individuare con il Gps per capire dov’è, ha detto no no no. Abbiamo un’assessora veronese (della Bassa!) ai lavori pubblici, che l’ha seppellita dicendo: non si discute l’utilità dell’opera, ma la sostenibilità economica. Beh, se ci passassero 100mila automezzi all’ora, la sostenibilità economica non sarebbe più un problema, e l’utilità sarebbe stata sicuramente maggiore…

I britannici cacciano “diplomatici” russi per ritorsione, dopo un avvelenamento di un’ex spia fatto con una specie di bomba atomica chimica. I russi a loro volta mandano a casa molti “diplomatici” britannici di stanza a Mosca. E americani ed europei rispediscono a Mosca una quantità di russi gozzoviglianti in diverse ambasciate occidentali. Insomma una guerra di spie che coinvolge pure Verona. Pare infatti che il sindaco Sboarina abbia cacciato alcuni “diplomatici” russi, beccati mentre cercavano di capire dove fosse finito il filobus. Erano convinti che fosse stato nascosto sotto il tunnel delle Torricelle: li abbiamo beccati perché sono gli unici a credere nell’esistenza sia del tunnel, sia del filobus.

Girando per Verona e provincia, si nota che in molti casi i cartelloni elettorali sono ancora lì, con alcuni manifesti (pochi, in verità) che ti invitano a votare Tizia o Caio anche se ormai è passato quasi un mese dalle elezioni. Fanno ancor più tristezza, visto che l’esito del voto lo conosciamo e sappiamo bene che Tizia e Caio hanno speso male i loro soldi per farsi pubblicità. Piuttosto ci si chiede se i cartelloni siano rimasti lì per sciatteria o per preveggenza. Sciatteria dei Comuni, perché chissà quanto ci vorrà per togliere quattro strutture di ferro, appunto a quasi un mese di distanza. Ma potrebbe essere preveggenza, visto appunto l’esito elettorale e l’enorme difficoltà che da questo esca una maggioranza, e quindi un governo. Siamo già pronti per il prossimo round, facciamo la punta alle matite e allora il sacrificio di Tizia e Caio non sarà stato invano: hanno già i manifesti attaccati.

Il Chievo Verona non se la passa bene, ultimamente. Non vince dall’epoca di Cicerone e avrebbe bisogno di punticini per evitare di finire in quella B dove avrebbe ottime possibilità di ritrovare l’Hellas. Insomma, per la Verona gialloblù un disastro. Così il suo presidente, Luca Campedelli, “ci ha messo la faccia”, come si dice in orrendo gergo giornalistico. Ha detto: «Ci eravamo abituati troppo bene, non facciamoci prendere dallo scoramento. Perché va male? Ci siamo seduti e l’ho fatto io per primo». Il problema non è che Campedelli l’abbia fatto per primo. Ma che tutti i giocatori lo facciano regolarmente soprattutto dal 70° in poi, quando età media e preparazione atletica rivedibile sconsigliano una sana attività fisica qual è quella pedatoria. E infatti…

Ritorna l’utilissimo e interessantissimo Mobility Day, quell’iniziativa che preserva dal traffico una zona già di suo a traffico limitato, per intasare di automezzi e scarichi il resto della città. La minaccia è quella di estendere l’inutile limitazione pure a Comuni limitrofi alla città, perché è giusto che non siano solo i cittadini veronesi a pagare il conto. L’iniziativa è puramente simbolica (un giorno senza auto qui sì e là no), non serve a nulla ma si replicherà, salvo il fatto che “serve una pianificazione”, ha detto l’assessore alla viabilità Luca Zanotto. Se pianificando trovano pure un senso, meglio. Poi, ci aspetta il Vinitaly Day, quel bel periodo che Verona Sud sopporta in termini di code, traffico, inquinamento, mancanza di parcheggi. Oddio, non che gli altri giorni…