Caffè & brioche

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Si era in attesa di un’altra superba dichiarazione del ministro pentastellato Danilo Toninelli, e ieri ce l’ha regalata: parlava di quanti camion passano sotto la galleria del Brennero ogni giorno. Nessuno, gli hanno fatto notare: la galleria non esiste, la stanno costruendo, sarà ferroviaria. Poi, la prova-palloncino.

Ma c’è qualcuno, dentro il Partito Democratico veronese, che condivida le idee e l’agire della Padovani e alzi la manina dandole il proprio appoggio? Qualcuno che, idealmente, non si senta disturbato e offeso nel proclamare che è cosa buona e giusta aiutare le associazioni che si occupano di tutelare e promuovere la vita? Mai udito tanto silenzio, e constatato così poco “coraggio” in politica.

Ma come mi è piaciuto il Mobility Day! Ma quanto è bella questa idea! Ma quanto, ma che grandissima idea, ma perché non averci pensato prima, durante e dopo… Ma non vedo l’ora che se ne facciano tante altre, di domeniche in cui alcune vie della città sono chiuse al traffico (mentre tutte le altre no, con automobilisti che smoccolavano per i giri che sono costretti a fare). Alle 19 si respirava un’aria balsamica, in certe zone della città: ecco a cosa è servito il Mobility day. O no?

Il voto favorevole della capogruppo del Partito Democratico scaligero, Carla Padovani, alla mozione "per la prevenzione dell'aborto e il sostegno alla maternità" approvata dal consiglio comunale di Verona che aveva come primo firmatario il leghista Alberto Zelger è diventato un caso nazionale. Dapprima la reprimenda degna di miglior causa del segretario politico Martina; quindi addirittura la richiesta di espulsione dal partito da parte dell’ex ministro Orlando; inoltre l’invito alle dimissioni auspicato dalla responsabile del dipartimento pari opportunità Catizone. Infine la levata di scudi di alcune corifee della legge 194. Insomma, in via del Nazareno l’hanno presa davvero male. E sì che la libertà di coscienza, rivendicata da Padovani (che si è presa dell’ultracattolica, pensa te!), dovrebbe essere un must per un partito che si definisce democratico, progressista, aperto, plurale e inclusivo. Per non parlare del desiderio del segretario di «voler lavorare con le realtà cattoliche che hanno una visione generativa della società», espresso il giorno stesso – ieri – in un’intervista ad Avvenire. Appunto, proprio come quelle che supportano le mamme che decidono di non abortire. Lasciando ai vertici del Pd la soluzione del “qui lo dico e qui lo nego” una domanda sorge spontanea: c’è ancora spazio nel Partito Democratico per i cattolici senza se e senza ma (come Carla Padovani)?

A quasi due mesi dal crollo del ponte di Genova, deve ancora essere nominato il commissario straordinario che gestirà la sua ricostruzione. Se questi sono i tempi per una semplice nomina, si fa prima ad attendere lo scioglimenti dei ghiacci che allagheranno Genova, risolvendo in automatico il problema. Se questi sono i tempi dell'azione governativa, i contrari al reddito di cittadinanza stiano tranquilli: il primo assegno verrà staccato a favore di chi oggi è all’asilo.

Sulle pagine del Corriere di Verona c’è la foto di un muro cittadino sul quale il solito anonimo ha scritto: “Sono turbato lo so, ma gli psichiatri non mi avranno”. Al netto del fatto che chi imbratta i muri è un cretino, alcuni però sono cretini con lampi di genio che in parte si fanno perdonare. Costui, ad esempio, ha individuato il suo problema, rifiutando semplicemente la cura. 

Se non avranno un futuro come politici, sicuramente ce l’avranno come cabarettisti, perché sparano una demenzialità dietro l’altra che già da politici fanno ridere. Lasciando stare il ministro Toninelli, non si spara sulla Croce rossa, anche il gran capo Luigi Di Maio si batte forte in quanto a risate prodotte. Se ha detto che il reddito di cittadinanza verrà caricato sulla carta d’identità elettronica – che in Italia ce l’hanno in tre, e uno dei tre non è lui – è perché in realtà gli piacciono le battute da cabaret. Ne attendiamo di nuove: sempre meglio che commentare Pil e spread.

Cos’abbiamo in tasca?
Pochi spiccioli, al massimo una Margherita.
Però ho voglia di una bella cena di pesce…
Sì ma chi paga?
Facciamo così: chiediamo i soldi in prestito, così facciamo seratona.
E dopo, chi restituirà i soldi?
Beh, intanto andiamo a mangiare…
(dialogo intercettato in una stanza governativa, a Roma)

Leggevo la riflessione di uno intelligente, sulla differenza tra il governare e il far credere di governare (insomma, molte dichiarazioni e pochi atti concreti), quando si è diffusa la notizia del famoso decreto-Genova – atteso da quasi due mesi – che sembra sia stato scritto un po’ con le mani e un po’ con i piedi, e lo spazio “coperture finanziarie” sia stato lasciato in bianco. Perché c’è chi pensa che le cose cambieranno se si dice intensamente che cambieranno. Non basta?

Non hanno alcuna legge da esaminare, da scrivere, da completare, da cambiare. Non hanno nulla di nulla da fare. Sono i nostri parlamentari, che in realtà sono disoccupati causa… Governo: si discute di migliaia di cose, ma a parte un paio di decreti, questo Governo è assai inconcludente. Gli amanti della democrazia dicono: bene così, chiudiamo il Parlamento e trasformiamo quell’aula sorda e grigia in un bivacco di capre. Un discorso già sentito alcuni decenni fa. Boh, troviamo qualcosa da fare a questi disoccupati, o diamo loro un reddito di cittadinanza, che almeno ci costano di meno.