Caffè & brioche

stampa

Ammetto la mia personale soddisfazione per l’esito delle elezioni regionali in Umbria non per tifoseria politica, ma perché è salutare che un territorio governato da decenni dalla stessa parte politica (il centrosinistra) ora cambi e disincrosti quanto si è accumulato negli angoli del potere: dai primari ospedalieri “selezionati” dai partiti ai dirigenti regionali che si auto-premiavano. Il ricambio d’aria fa sempre bene. Piuttosto non so perché, ma una volta di più vedendo il Salvini trionfante mi è venuto in mente il Vittorio Gassman di Branca-Branca-Branca-leon-leon-leon…

La pesca? Sostenibile? La piadina? Con il farro. Il caffè? È equo e solidale. Il pesto? È senz’aglio. Lo yogurt? Magro, con grassi ridotti. I fiocchi di frumento? Ricchi di fibra. Il pollo? Senza antibiotici. Le uova? Di galline allevate a terra. L’hamburger? Di soia. La pizza? Senza glutine. La mozzarella? Senza lattosio. La marmellata? Senza zuccheri aggiunti. I biscotti? Senza latte né uova. E sui biscotti senza latte né uova sono crollato…

Perché non Giorgia Meloni? Se Salvini funziona più nel formato Papeete che nelle vesti di statista, se Berlusconi è da tempo l’ex di se stesso, perché il centrodestra non prova ad affidarsi a questa signora? Sa parlare, s’impegna e studia, non ha grossi scheletri nell’armadio, magari responsabilizzata sfuma un po’ certe inclinazioni nazional-populiste che le sono tipiche. Non promuoverà marce su Roma perché a Roma ci sta già, casomai va un po’ de-romanizzata. Ma perché non provare il format-Meloni per un centrodestra che appare sì forte, ma solo in funzione contro e con debolezze di leadership mica da scherzo? Sai che smacco per la sinistra: presentare una leader donna contro uno schieramento che sulla parità di genere riempie tomi su tomi, basta che poi i posti di potere siano riservati agli uomini. O forse questo è il vero limite di Giorgia Meloni: è donna. Che è peggio di essere post-fascista. Abbiamo avuto zarine, imperatrici, premier e cancelliere donne in giro per il mondo e da diversi secoli a questa parte. Ma in Italia mai, a parte Maria Luigia. Che era austriaca.

La conferenza stampa, targata Pd veronese, è così titolata: “Ai cattolici interessa ancora la politica?”. A seguirla, praticamente un solo giornalista. Quindi la domanda vera era: “Ai mass media interessa ancora sapere dei cattolici e dei loro rapporti con la politica?”. Oppure: “Ai mass media interessa ancora la politica che non sia il mercato delle vacche di posti e careghe?”.

Con tutto il rispetto che dobbiamo al futuro filobus… ma è uno scherzo che via Mameli verrà ridotta ad una corsia per direzione, con la filovia in mezzo? Non occorre essere preveggenti per immaginare la paralisi di una bella fetta di città ogni giorno, diverse ore al giorno.

Ho sempre ammirato, senza mai farli, quegli atti estremi che portano al confine della morte. Come scalare una parete di roccia a mani nude, buttarsi dal ponte con la corda elastica, salire su quella particolare giostra di Gardaland, andare allo stadio San Paolo di Napoli con addosso la sciarpa dell’Hellas…

Mi fa sempre un certo effetto vedere il ciuffone del miracolato (Giuseppe Conte) che in favor di telecamera preannuncia una manovra finanziaria che porta la pace nel mondo e sconfigge povertà e fame, e il servizio giornalistico successivo che spiega come verranno tassati gli involucri delle caramelle e incentivate le spese per depilazioni delle sopracciglia…

Scusate la minuzia. Il Corrierone ha un mensile di cucina, Cook, che è un’enciclopedia di sociologia moderna. Ad esempio presenta in pompa magna una cuoca australiana (e già lì…) che lavora in Inghilterra (peggio mi sento) con una valanga di aggettivi tipo: sostenibile, anti-spreco, romantica, identitaria, non manca il biodinamica e ovviamente la parità di genere. Ma una curiosità rimane: ciò che sforna è buono? Poi guardi le ricette pubblicate, che fuoriescono da tanta sapienza culinaria. Una su tutte: insalata mista condita con olio, limone e un po’ di philadelfia. Ah beh, allora…

Nel vuoto pneumatico dell’attuale assetto politico (dove un pupazzo ben vestito fa il presidente del Consiglio, Salvini è un gran imbonitore ma come statista vale poco, Renzi sta antipatico pure ai congiunti, Zingaretti e Di Maio sembrano due figurine, Berlusconi è finito…) si stanno muovendo nuovi protagonisti, spinti più dall’ambizione personale che da particolari visioni politiche. Ce ne sono due in particolare che si stanno agitando parecchio per contendersi nel futuro prossimo anzitutto quel vasto bacino elettorale che corrisponde al voto moderato, orfano di valida leadership da tempo. Uno ha il doppio cognome e girava in Ferrari fino a poco tempo fa, l’altro fa l’editore in rampa di lancio. Dietro, mondi economici che considerano finita la ricreazione. E si preparano a suonare la campanella. Che, come sempre, è costituita da tivù e giornali.

Se i francesi occupassero l’Italia, la chiamassero Transalpinia, noi saremmo italiani d’Italia o transalpini di Transalpinia? Gli italiani occuparono Trento italiana e il Sud Tirolo austriaco, battezzarono il tutto Trentino-Alto Adige perché stabilirono che il Sud Tirolo si chiamasse Alto Adige. Gli abitanti locali sono sudtirolesi nel Sud Tyrol italiano, o altoatesini? E ci arrabbiamo pure se non vogliono definirsi altoatesini, non fosse altro che l’Adige lo chiamano Etsch da sempre? Fu mania del regime fascista, quella di italianizzare i nomi, con effetti a volte tra l'esilarante e il demenziale. La slava Vrhovlje pri Kojskemi diventò Vercoglia di Quisca; Innichen, San Candido. Non so perché si salvò la Val d'Aosta, in cui tutte le località – a parte Aosta – mantennero il loro nome francese. Forse perché italianizzare parole francesi avrebbe fatto ridere pure il compunto legislatore fascista.