Caffè & brioche

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Chissenefrega del Coronavirus, di Amadeus, di Lazio-Hellas, delle elezioni nell’Iowa: stasera tornano i Ricchi e Poveri! Con le dentiere e i girelli d’appoggio, ma appunto chissenefrega. Sono stati l’infanzia, le trasmissioni su Rai Uno quando c’era solo Rai Uno, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, la pietra tombale sul cantautorato impegnato e sinistro con la loro “che te ne frega, sarà perché ti amo”. Sanremo 1981, vinse l'immensa Alice, allora il Festival ancora lo guardavo. Chissenefrega se l’ultima canzone che i quattro di Genova hanno inciso risale a tempi in cui l’attuale umanità in buona parte non era ancora nata: quando vedrò il sorriso un po’ anfetaminico della brunetta, affiancata dopo quarant’anni alla lumacona bionda, scatterà lo squarciagola: “La prima cosa bellaaaa…” e penserò nostalgico alla giovinezza. (Speriamo non si spacchino un femore, però).

E sempre a proposito del coronavirus, che sarà ricordato anche per le sciocchezze virali che hanno intasato il mondo: la più incredibile è stata la “notizia” di due ospedali costruiti appositamente dai cinesi per affrontare la drammatica influenza. In una settimana. Quando in una settimana di solito non si riesce nemmeno a concludere un progetto di ospedale, nemmeno a sistemare l’area in cui dovrà sorgere. È evidentemente una bufala colossale (cureranno gli ammalati sotto alcune tende chiamate ospedali?), ma ha fatto scattare in molti di noi la sindrome “quando c’era lui”, quella che saranno pure una dittatura comunista che non ti lascia respirare, ma loro sì che sanno fare le cose! Allora sì che i treni arrivavano in orario! Invece, con tutta questa libertà e questa democrazia, noi ci mettiamo due anni minimo a fare un ospedaletto! Beati loro…

Fanno veramente impressione gli appelli alla calma che fioriscono sui quotidiani italiani, attorniati da otto pagine otto ogni giorno sul dramma coronavirus, sulla Cina che…, sui cinesi che se ne vanno e gli italiani che tornano, sulla peste nera che in confronto era una passeggiata di salute eccetera. Però: calma e serenità.

Titola il Corriere della Sera: “Anche Zaia ha punti deboli: per sfidarlo in Veneto sono tre le parole chiave”. Sarebbero, per l’ex sindaco vicentino Achille Variati, ambiente, sanità e competitività. Ah ecco. Roba che a Zaia ancora adesso gli tremano i polsi. E se gli tremano così tanto, c’è il rischio che brindando si versi un po’ di Prosecco addosso…

Quindi, definitivamente, il Regno Unito di Gran Bretagna esce dall’Unione Europea. Com’è giusto che sia: Londra è sempre stata qualcosa a parte rispetto al continente. Su tutto e sempre. Ma la questione è stata vista come una tragedia, più da noi che da loro. E questo fa pensare. Ci tenevamo a Londra, o ci conveniva? E i britannici pro-Europa lo facevano per il cuore o per il portafoglio? La seconda in entrambi i casi. Ma a volte i cuori stanno dall’altra parte rispetto ai portafogli. O noi veneti avremmo dovuto sparare contro i piemontesi che venivano a “liberarci” dagli austriaci. Il cuore guardava all’Italia, ma se avessimo considerato il tornaconto…

Ok?

E a chi è contro le vaccinazioni e diventa matto solo a parlarne, niente vaccino (quando ci sarà) contro il coronavirus, ma cure omeopatiche, tanto yoga e vitamina C. Vediamo come se la cava. Giusto no?

C’è stato un momento che era sembrato irresistibile: attaccava sempre, un successo dietro l’altro, la considerazione generale alle stelle. Nulla gli sembrava precluso, da “soldatino” che era poteva diventare una star. Poi, d’un colpo, non gliene è riuscita più una. Per sbattersi si sbatte, non si risparmia mai, le prova tutte ma proprio tutte: ma adesso non c’è ciambella che gli riesca col buco. Al momento decisivo, flop. E dalle stelle che vedeva, rischia oggi di respirare la polvere. Ora la sua squadra medita pure di scaricarlo, fa quasi pena, il povero Piotek (cosa avevate capito?).

Soprattutto, mi ha colpito il fatto che quello diceva ai suoi: io mi dimetto. E nessuno fiatava. Guardate che mi dimetto, eh? E non un sussurro. Ok, allora mi dimetto e sono tutti cavoli vostri. E nemmeno un bah dai “colleghi”, nessuno che abbia almeno fatto finta di trattenerlo, neanche un “pensaci bene” uscito da una sola bocca. Compagni di partito che poi hanno trattenuto svenimenti e moti di stizza quando, per vendetta, ha concluso: al posto mio, Vito Crimi. Vista la situazione, ha poi fatto sapere che si dimette sì, ma non è detto che in futuro… Vorrà assestare il colpo di grazia?

Resta con noi, non ci lasciar… Noooooooo, si è dimesso Luigi Di Maio. Da che cosa? Boh, ma non ci lasciare. Soprattutto non ci lasciare in balia di Vito Crimi, Barbara Lezzi (quella che vuol far chiudere la più grande acciaieria italiana perché non l’hanno fatta sottosegretaria) e soprattutto Lui, Danilo Toninelli, lo statista di Soresina. Portali via con te, cercheremo di farcene una ragione. Ah, non dimenticare Di Battista, per favore.

La toponomastica “politica” italiana si è fermata ad Aldo Moro. Abbiamo vie e piazze dedicate a De Gasperi, Nenni, Togliatti, Einaudi, Pertini fino al politico Dc pugliese. Ostracismo per Bettino Craxi, Giorgio Almirante, Amintore Fanfani, Enrico Berlinguer e altri ancora. Non ci si mette d’accordo. Craxi sconta la latitanza, Almirante l’essere stato fascista, Berlinguer il non aver cambiato il Pci in qualcosa di più riformista, Fanfani l’essere stato Fanfani, La Malfa la scarsa popolarità… L’unico su cui si dovrebbe puntare, e invece ancora non entra molto nella toponomastica, è Carlo Azeglio Ciampi. Per i politici odierni, una bella via. Da qui.