L'anno santo con Dante

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Zenti mons. Giuseppe

Il servizio all’umanità dà più gioia che l’essere schiavi della libidine del dominare: “Dio volle che l’essere razionale fatto a sua immagine dominasse soltanto gli esseri irrazionali, non l’uomo sull’uomo, ma l’uomo sul bestiame” (De civ. Dei, XIX, 15)

Ed eccoci arrivati ad un testo splendido sulla pace. Nelle sfumature che Agostino sa trarre in riferimento ai vari soggetti della pace, un aforisma riassume in modo geniale il senso profondo della pace: l’ordinata concordia...

Agostino già ha introdotto e trattato ampiamente il tema della beatitudine. Vi affianca il tema della pace su cui spende parole illuminanti...

Agostino con i filosofi neoplatonici condivide il fatto che la vita del sapiente è per sua natura sociale (Cfr. De civ. Dei, XIX, 5). Ne è talmente convinto che si domanda che senso avrebbe avuto intraprendere un’opera come La città di Dio, “se la vita dei santi non fosse sociale” (Ivi).

Il libro diciannovesimo de La città di Dio è imperniato sul tema della pace, coniugato in tutte le sue svariate sfaccettature, e trattato con una profondità quale è difficile riscontrare in altri autori...

Purtroppo, anche nella città di Dio si insinuano i malvagi che fanno perdere credibilità alla Chiesa: “Perciò in questo mondo maligno, in questi giorni cattivi… molti reprobi si mescolano con i buoni”

Per prefigurare il Messia, Agostino ci presenta la figura di Samuele, ma attinge anche dai Salmi che alludono a Cristo re e redentore, alla Chiesa, al popolo sacerdotale e regale

Nella narrazione delle generazioni, Agostino trova in Abramo uno snodo decisivo. E vi si sofferma. Perché in lui “si leggono più manifeste le promesse divine, che ora vediamo compiute in Cristo” (De civ. Dei, XVI, 12).

Dopo aver rievocato il fatto che agli inizi esistevano soltanto tre uomini maschi dopo l’uccisione di Abele (Adamo, Caino e il figlio Enoch), Agostino precisa che l’autore sacro, attraverso una serie di successioni, ha voluto condurre l’umanità fino ad Abramo e di seguito fino alla città il cui regno era eterno e il cui re e fondatore era Cristo

Mentre Caino ha edificato una città terrena, Abele visse da esule in vista del cielo: “La città dei Santi è nel cielo, benché partorisca figli qui, nei quali è peregrinante, finché giunga il tempo del suo Regno, quando raccoglierà come un gregge tutti coloro che risorgeranno nel proprio corpo, quando sarà dato loro il Regno promesso, dove con il loro Principe re regneranno senza alcun fine del tempo” (De civ. Dei, XV, 2).