Agostino con gioia riconosce come filosofi “tutti coloro che hanno avuto questa percezione di Dio come Sommo e Vero Bene, in quanto autore delle cose create, luce della conoscenza e bene dell’azione, principio della natura e verità del sapere e felicità della vita” (De civ. Dei, VIII, 9). Tutti costoro, siano ionici siano italici, conclude Agostino, “noi li anteponiamo agli altri e confessiamo che sono più vicini a noi (cristiani)” (Ivi)...
Agostino condivide in pieno il pensiero di Platone, fondato sulla metafisica, e dei platonici sul concetto di Dio. Ecco una pagina di alta speculazione filosofica riguardante l’Essere immutabile e semplice...
Con il libro ottavo Agostino abbandona l’analisi sulla teologia mitica (inventata dai poeti) e civile (imposta dallo Stato) degli dei, che aveva scalzato alla radice nei libri precedenti, e si avventura nello studio e nel discernimento delle filosofie...
Nel libro settimo della Città di Dio Agostino prosegue le riflessioni già esposte nel libro sesto. Anzitutto, ironizza sui criteri di quella selezione degli dei che li mette in graduatoria di venerabilità e di efficacia negli interventi nelle faccende umane, e in vista della vita beata oltre la morte...
Finora abbiamo analizzato il pensiero di Agostino espresso nei suoi primi cinque libri della Città di Dio. In essi confuta ai Romani il potere che attribuiscono agli dei sul benessere terreno...
In tutte le opere di Agostino ricorre il tema della felicità, che lui stesso ha cercato a lungo e ha trovato solo in Dio, nel suo incontro con Cristo Salvatore: “Infatti non fanno felici noi o i nostri figli le ricchezze terrene che devono essere perdute durante la nostra vita o, dopo la nostra morte, dovranno essere possedute da persone che non conosciamo o da persone che non vogliamo (ne entrino in possesso); ma Dio ci fa felici, Lui che è la vera ricchezza delle menti” (De civ. Dei, V, 18, 1).
In tutte le opere di Agostino ricorre il tema della felicità, che lui stesso ha cercato a lungo e ha trovato solo in Dio, nel suo incontro con Cristo Salvatore: “Infatti non fanno felici noi o i nostri figli le ricchezze terrene che devono essere perdute durante la nostra vita o, dopo la nostra morte, dovranno essere possedute da persone che non conosciamo o da persone che non vogliamo (ne entrino in possesso); ma Dio ci fa felici, lui che è la vera ricchezza delle menti” (De civ. Dei, V, 18,1).
Agostino, dopo aver osservato con tristezza che gli dei avevano sospinto popoli miserabili alla guerra contro Roma per dare l’opportunità ai grandi come Cesare di emergere nel valore militare, traccia un profilo alto della civiltà romana quando era governata da nobili valori civili, in netto contrasto con i tempi della corruzione...
Agostino non esita ad affrontare il tema arduo e spinoso del rapporto tra prescienza divina e libertà dell’uomo. Anche in contrasto con Cicerone, il quale affermava che se Dio sapesse già tutto, “nulla sarebbe in nostro potere e non esisterebbe l’arbitrio della volontà” (De civ. Dei, V, 9, 2)...
A diversità dal mondo pagano colto, i cristiani riconoscono il valore dell’umiltà: “Noi cristiani rendiamo grazie al Signore nostro Dio, non al cielo e alla terra come disputa costui (Cicerone), ma a Colui che ha fatto il cielo e la terra, che queste superstizioni ha sovvertito non solo nel cuore dei credenti, ma anche nei templi superstiziosi con la libera sottomissione dei suoi, mediante l’altissima umiltà di Cristo, la predicazione degli Apostoli, la fede dei martiri che muoiono per la verità e che vivono con la verità” (De civ. Dei IV, 30)...