Editoriale
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L’Europa c’è, forse mancano gli europei...

La recente decisione dell’Austria di ripristinare i controlli alla frontiera del Brennero comporta delle conseguenze: lo spiegamento di forze speciali per controllare i flussi di merci e di persone da una parte, l’allungamento dei tempi (e dei costi) e conseguente penalizzazione delle esportazioni dall’altra, senza contare i disagi per i lavoratori frontalieri.

Parole chiave: Austria (1), Frontiera (1), Brennero (1), Controlli (2), Europa (32)

La recente decisione dell’Austria di ripristinare i controlli alla frontiera del Brennero comporta delle conseguenze: lo spiegamento di forze speciali per controllare i flussi di merci e di persone da una parte, l’allungamento dei tempi (e dei costi) e conseguente penalizzazione delle esportazioni dall’altra, senza contare i disagi per i lavoratori frontalieri. Prima di decidere, certamente sono state valutate tutte le conseguenze, comprese quelle politiche, e si è concluso che questo era il prezzo da pagare per garantire un bene maggiore (se poi pagano gli italiani, tanto meglio). All’origine ci sono due fenomeni che stanno mettendo in discussione l’Unione Europea a livello politico, economico e sociale: il perdurare della pressione migratoria e i recenti attentati terroristici nel cuore del continente. Se poi questi due fenomeni vengono associati supponendo che il primo stia all’origine del secondo, non stupisce che i singoli Stati decidano di sospendere il trattato di Schengen. Lo possono fare, perché le regole lo prevedono per motivi di sicurezza, e lo fanno. Qui tocchiamo il cuore della questione: la sicurezza. Neanche i risultati delle indagini sui recenti attentati terroristici, le quali hanno dimostrato che i responsabili erano cittadini europei, sono serviti ad evitare questa scelta. La paura è tanta e la tensione sociale spinge a provvedimenti che almeno mediaticamente rassicurino i cittadini. Di fronte a ciò tralasciamo l’analisi etica e ci chiediamo cos’è l’Europa. Essa nasce dal desiderio di convertire un gruppo di Paesi in guerra, in una potenza di pace. Nel nostro dna non c’è una predisposizione naturale a stare insieme, ma una decisione politica e una motivazione economica. Ci sono dei limiti evidenti entro cui possiamo tenere unita l’Europa, ma anche opportunità. L’idea di fondo è quella di una pace duratura fondata sulla stabilità economica e sull’uguaglianza di tutti i componenti. A sostegno di questa idea ci vuole la coscienza di essere cittadini europei. La crisi attuale non si risolve se continuiamo a ragionare come italiani, tedeschi, polacchi... Il superamento dell’atteggiamento di interesse personale o locale ci permette di vedere meglio il bene comune e di considerare l’Europa una scelta, non una gabbia. Le nostre ragioni singolari ci portano a mettere in competizione pace, sicurezza, accoglienza, giustizia, uguaglianza..., ma questo è un vicolo cieco. I tempi chiedono scelte alte per coniugare politica, cultura di pace e sviluppo, ma siamo noi cittadini europei a dover maturare le scelte all’altezza della nostra storia.

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