Editoriale
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Ci vorrebbe tanto un Aldo Moro...

Gli ottimisti sono speranzosi: «Usciti da questa prova, saremo tutti migliori, questa malattia ci renderà più solidali, responsabili e riflessivi». Ultimamente recuperano terreno i pessimisti che invece dicono: «Siamo diventati peggiori di prima: più egoisti, cattivi e individualisti, perché se c’è qualcuno che dà il meglio di sé, nella maggioranza dimostriamo che non c’è limite al peggio»...

Parole chiave: Editoriale (404), Stefano Origano (141), Aldo Moro (3)

Gli ottimisti sono speranzosi: «Usciti da questa prova, saremo tutti migliori, questa malattia ci renderà più solidali, responsabili e riflessivi». Ultimamente recuperano terreno i pessimisti che invece dicono: «Siamo diventati peggiori di prima: più egoisti, cattivi e individualisti, perché se c’è qualcuno che dà il meglio di sé, nella maggioranza dimostriamo che non c’è limite al peggio». Io credo che questa sferzata che ha buttato all’aria tante certezze non sia sufficiente né per migliorarci, né per peggiorarci, ma un risultato l’ha ottenuto: quello di farci prendere coscienza di quello che siamo, né più, né meno. Il Coronavirus ha spazzato via in un baleno tutto quello che volevamo ma non potevamo. Ciò che non abbiamo fatto per amore, ora lo faremo per forza: i cambiamenti sempre rimandati perché non ne comprendevamo l’importanza, ora si impongono.
Tranquilli, l’umanità ha superato tutte le crisi del passato e supererà anche questa, quindi la ripartenza ci sarà. Ma per andare verso dove? Si aprono diverse strade e occorre scegliere. La Storia ci consegna questo compito: mettere le basi per la società di domani, quella delle generazioni che verranno dopo di noi.
Qualcosa di analogo accadde 75 anni fa, quando l’Italia fu chiamata a ripartire dopo aver perso una guerra, una classe dirigente e una generazione di giovani morti nel conflitto. Allora si mise in luce Aldo Moro, di cui abbiamo celebrato l’anniversario della morte il 9 maggio. Lui all’età di 30 anni contribuì a scrivere la nostra Carta costituzionale, i cui fondamenti sono: la persona e non lo Stato, il lavoro e non il profitto, la democrazia che garantisce libertà, giustizia e uguaglianza. Sono ancora validi questi princìpi? Nel nuovo contesto economico-finanziario e nello scacchiere geopolitico globale hanno ancora qualche cosa da dire? Oggi leggiamo tutto sotto la lente della salute: quella medica, quella economica, anche quella politica. Benvenuto cambiamento, si deve superare l’individualismo, ma si può cadere nel collettivismo, cioè dalla padella alla brace. Bello lo slogan: “Ce la faremo insieme”, però intanto pratichiamo il distanziamento sociale… Forse una mente alla Moro potrebbe aiutarci a dipanare questa matassa e a non prendere decisioni delle quali altri pagherebbero un prezzo esagerato.

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