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Questo pazzo, pazzo, pazzo clima...

di GIORGIO MALAVASI

Il meteorologo: più che “tropicalizzato”, sarà sempre più estremizzato e sregolato

Questo pazzo, pazzo, pazzo clima...

di GIORGIO MALAVASI

In Veneto non andiamo verso una situazione tropicale, ma verso un clima sregolato e con tanti eventi estremi: «Anzi, ci siamo già dentro». Marco Rabito, meteorologo e climatologo vicentino, autore di pubblicazioni scientifiche sugli eventi meteorologici estremi sul territorio veneto con un po’ di ironia dice di non essere pessimista: «Sono semplicemente realista». Ma proprio perciò Rabito è convinto che bisogna accelerare – sia a livello individuale che di comunità e istituzioni – per evitare i danni più gravi causati da un clima velocemente e radicalmente cambiato.

– Che cosa significa il record di pioggia e temperature alte registrato in Veneto in febbraio e marzo?

«È uno dei segni di un'estremizzazione meteorologica che fa capo al clima che sta cambiando, alle maggiori energie in gioco. La nostra atmosfera è molto più ricca di energia rispetto a pochi anni fa e questo produce estremizzazioni. Si è parlato poco, per esempio, del tornado che il 1° aprile scorso ha colpito Carmignano e Fontaniva, nel Padovano. Una cosa che non c'entra nulla con aprile. La cellula temporalesca che ha originato il tornado ha prodotto grandine di 5,5 centimetri di diametro, una cosa nemmeno pensabile in questo periodo».

– In effetti marzo sembra aprile di trent’anni fa...

«Dal punto di vista termico assolutamente sì. Dal punto di vista della pioggia non ci sono più regole: è saltato un equilibrio per cui le piogge erano distribuite in maniera uniforme, con mesi più o meno piovosi, ma con precipitazioni abbastanza distribuite nel corso dell’anno. E questo allarma l’agricoltura, giustamente, perché i campi ricevono quantità enormi di acqua in breve tempo e poi non ne ricevono più per un mese o due. E l’acqua scesa in fretta, altrettanto in fretta la perdiamo in Adriatico. Così il cittadino comune si stupisce perché per un po’ si parla di grandi piogge e 15 giorni dopo si parla di siccità. Ma questa è la caratteristica tipica delle estremizzazioni. Se piove troppo in poco tempo e non si riesce a trattenere l’acqua caduta, nel momento in cui smette di piovere l’acqua è persa e i campi hanno sete».

– Non per niente in Veneto si progettano e si realizzano opere per trattenere la pioggia: è la strada giusta?

«Sì, trattenere la pioggia è demandato ad opere come quelle del “piano laghetti” (l’idea è di creare cento invasi in tutto il Veneto, così da disporre di cento milioni di metri cubi di acqua per irrigare nei venti giorni più siccitosi dell’estate. Ma per crearli servono 800 milioni di euro, ndr) e altre da realizzare in giro per il territorio. Ma in passato questo compito era demandato alla neve montana, che adesso non abbiamo più. Purtroppo c’è anche un fattore che predispone meno alla conservazione della risorsa idrica, ovvero una minore caduta di neve a quote in cui abbiamo un’area sufficientemente vasta per accumularla. Perché è vero che in queste settimane abbiamo tanta neve a 1.700-1.800 metri; ma a 1.700-1.800 metri c’è un’area molto ridotta, e in passato l’avevamo a mille metri. C’era perciò una quantità di neve ben maggiore, oltre a essere una tipologia di neve differente, perché cadeva a novembre, dicembre e gennaio, e andava incontro a molteplici trasformazioni; quindi era meno aggredibile dalle temperature. Adesso, in questi giorni in montagna fa caldo e la neve è facilmente aggredibile perché è appena caduta, piena d’aria, e perciò fonde velocemente».

– Per cui l’acqua arriva velocemente in pianura e non abbiamo più riserve in montagna...

«Sì, la perdiamo in mare e ci troveremo fra un paio di mesi, in corrispondenza ad un periodo asciutto, ad avere i corsi d’acqua scarichi. Le falde hanno avuto nell’ultimo anno una buona ricarica, anche se in un macro-trend costantemente in discesa da 50 anni a questa parte, ma il problema dell’agricoltura sono i corsi d’acqua: se un fiume non ha una portata sufficiente, non si riesce ad irrigare le colture tutt’attorno».

– Però, appunto, nell’ultimo anno la quantità di acqua piovuto in Veneto è aumentata del 30%: non è un buon segnale?

«Certo, ma se scompongo le precipitazioni nei mesi, ci si rende conto di quanto sia “schizofrenica” la caduta della pioggia: c’è il mese in cui ne cade tanta, come è appena successo, poi magari per alcuni mesi non piove più. Tutto fa capo all’estremizzazione climatica che stiamo osservando».

– In Veneto andiamo verso un modello di clima tropicale?

«No, fortunatamente no, perché il clima tropicale ha due grandi stagioni: quella asciutta e quella delle piogge. E da noi le piogge sono distribuite a caso durante l’anno. Noi abbiamo e avremo sempre più un clima estremizzato e sregolato».

– E non c’è un modello che assomigli a ciò verso cui stiamo andando?

«No, perché siamo stati abituati ad avere un clima abbastanza docile. Ce ne siamo sempre preoccupati poco perché il clima non creava grossi problemi: c’era il danno, ma capitava ogni 5-10 anni; e quando capitava, la volta successiva ce ne eravamo dimenticati e avevamo assorbito il guasto precedente. Adesso a Carmignano sul Brenta dovevano ancora mettere a posto i danni della grandinata di luglio scorso ed è arrivato il tornado. E a luglio a Carmignano erano caduti chicchi di grandine di 16 centimetri, che rappresentavano il record europeo, battuto tre giorni dopo ad Azzano Decimo con chicchi di 19,2 centimetri di diametro e del peso di 900 grammi (nella foto). Sono meteoriti, si fa fatica a chiamarli chicchi: mandano al creatore una persona. Ci sono stati più di cento feriti...».

– In questa sregolatezza la nuova regola sarà che avremo più eventi estremi?

«Sì, e un aumento considerevole delle temperature: continueremo a ritoccare record di temperature sempre più alte».

– Da fine gennaio in pianura non si è pressoché mai vista una temperatura sottozero: anche questo dice un trend, no?

«È vero, si osserva da 20-30 anni una diminuzione drastica delle giornate di gelo. Di pari passo aumentano le notti tropicali nel periodo estivo, cioè quelle con temperature minime superiori a 20°. Così come stanno aumentando le giornate con elevato disagio fisico, quelle con temperatura e umidità alte: siamo passati dalle 2-3 dei primi anni '90 alle 10-12 di oggi».

– Ci saranno pure dei vantaggi: si spende meno in riscaldamento...

«Ma rischiamo di mangiarci i risparmi per i danni che gli eventi estremi producono. Risparmiamo sulla bolletta del gas e poi abbiamo migliaia di euro di danni, in dieci minuti, per la grandinata. Le grandinate fra 13 luglio e 25 luglio 2023 sono costate al Veneto 1,3 miliardi di euro: lo dice Zaia, non io».

– Cosa fare dal punto di vista dell’adattamento?

«Anzitutto imparare a conoscere i fenomeni atmosferici, perché conoscerli significa proteggersi. Perché il rischio è non è solo per le strutture, ma anche per le persone. Non solo per grandinate e tornado, ma anche per il rischio alluvionale che abbiamo corso in più occasioni. Molte persone andranno al mare o in montagna e saranno maggiormente esposte ai fenomeni atmosferici. Quindi è ancor più importante consultare le previsioni del tempo e su quella base valutare anche di rinviare certe attività». 

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