Cinema
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L’orrore lo provano gli spettatori solo con l’udito ma senza vederlo

La zona d’interesse
(Gran Bretagna - Polonia - Stati Uniti, 2023)
Regia: Jonathan Glazer
Con: Christian Friedel. Sandra Hüller, Johann Karthaus, Luis Noah Witte, Nele Ahrensmeier
Durata: 105 minuti

Parole chiave: La zona d’interesse (1), Film (103), Cinema (101)
L’orrore lo provano gli spettatori solo con l’udito ma senza vederlo

Non si può non scrivere di un altro importante e pluripremiato (2 Oscar, 2 Bafta e Premio speciale della Giuria a Cannes) film: La zona d’interesse. L’opera di Jonathan Glazer narra della famiglia Hoss: il padre Rudolf, la madre Hedwig, i loro cinque figli. Vivono in una bellissima casa con un grande e curatissimo giardino. Trascorrono il loro tempo facendo escursioni a cavallo, bagni nel vicino fiume, accogliendo amici e parenti che vanno a trovarli. In tutto questo, un piccolo dettaglio rende un po’ strano questo quadretto idilliaco: la casa sorge nella zona d’interesse, ovvero l’area adiacente al campo di concentramento di Auschwitz e Rudolf ne è il comandante.

I primi minuti mettono lo spettatore in una condizione un po’ strana perché vede immagini di vita domestica quotidiana, ma sente un sottofondo quasi continuo che intreccia musica e urla, spari e abbaiare di cani e tutto questo fa capire che c’è qualcosa di anomalo. Quando, dopo un po’ di tempo, le inquadrature fanno capire che ci si trova nei pressi del tristemente famoso lager polacco, fa capolino un senso di disagio in chi guarda: lascia straniti il rendersi conto che si sta assistendo alla routine giornaliera di una famiglia felice che, con grande disinvoltura, ospita riunioni di militari che discutono su come rendere più efficienti le camere a gas e quando guarda fuori dalle finestre di casa vede degli enormi camini di forni crematori da cui ininterrottamente esce fumo.

Persone talmente abituate a tutto questo, che quando l’ambizioso Rudolf riesce ad ottenere una promozione, Hedwig lo implora di fare il possibile perché lui faccia il pendolare da Berlino, lasciando lei, “regina di Auschwitz” (come ama definirsi la donna), lì nel suo “paradiso” (modo in cui i coniugi definiscono la loro casa) con il resto della famiglia.

Quel che succede oltre il muro di cinta non si vede in nessun fotogramma: si può solo sentire. E il pubblico, conoscendo gli orrori perpetrati in quei luoghi, non solo non riesce in alcun modo a empatizzare con i personaggi, ma se ne sente quasi nauseato. Non tanto per la loro appartenenza al regime nazista, quanto piuttosto per la naturalezza con cui si sono abituati al male che si sta consumando a pochi passi da casa loro.

Eccezione fatta per alcune brevi scene un po’ troppo ricercate, volentieri si può riconoscere che Glazer riesce a realizzare un capolavoro nuovo: se la storia dell’Olocausto è stata portata sul grande schermo molte volte, scandagliando numerosi personaggi e presentando diversi punti di vista, mancava un film capace di scuotere le coscienze senza mai mostrare nulla.

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