Una giornata particolare
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Quando l’uomo iniziò a viaggiare nello spazio mentre ora gli “astronauti” li vediamo in ospedale...

Mercoledì 12 aprile 1961: il sovietico Yuri Gagarin è il primo uomo a superare i confini dell’atmosfera, inaugurando l’era dei viaggi spaziali.
Cresciuto in un piccolo villaggio, in una famiglia semplice (padre falegname, madre contadina e tre fratelli) che dovette affrontare le grandi difficoltà dell’epoca, ottenne ottimi risultati nelle materie scientifiche e un diploma da metalmeccanico. Riuscì ad entrare nell’aviazione russa e fu selezionato per il programma spaziale, anche per la sua piccola statura: 1,57 mt...

Parole chiave: Spazio (3), Una giornata particolare (117), Luca Passarini (103)

Mercoledì 12 aprile 1961: il sovietico Yuri Gagarin è il primo uomo a superare i confini dell’atmosfera, inaugurando l’era dei viaggi spaziali.
Cresciuto in un piccolo villaggio, in una famiglia semplice (padre falegname, madre contadina e tre fratelli) che dovette affrontare le grandi difficoltà dell’epoca, ottenne ottimi risultati nelle materie scientifiche e un diploma da metalmeccanico. Riuscì ad entrare nell’aviazione russa e fu selezionato per il programma spaziale, anche per la sua piccola statura: 1,57 mt.
A 27 anni l’occasione per entrare nello spazio e nella storia, con la felicità e la responsabilità – come disse lui stesso – di «essere il primo a fare ciò che generazioni di persone avevano sognato».  Fu fatto salire sul Vostok 1, che prevedeva un modulo di servizio (con strumentazione di bordo, 16 serbatoi con ossigeno e azoto, retrorazzi) e uno abitabile (con sedile eiettabile, portellone, tre oblò, visore ottico da orientare a mano, telecamera, strumentazione per pressione, temperatura e parametri orbitali); il tutto per un’altezza di 4,4 mt e un peso di 4,7 t.
Si alzò in volo alle 9.07 (fuso orario di Mosca) accompagnata dal suo grido: «Andiamo!». Guidato dalla base con un computer, andò oltre l’atmosfera e qui pronunciò altre frasi storiche: «Vedo la Terra. È blu» e ancora: «Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini».
Sembra invece frutto di una successiva ricostruzione propagandistica, l’affermazione: «Non vedo nessun Dio quassù», anche perché – secondo gli amici – Gagarin era un ortodosso credente.
Il volo lo portò a compiere un’intera orbita intorno al nostro pianeta (altitudine massima 302 km, minima 175, velocità media 27mila km/h), prima di toccare terra accompagnato dal suo paracadute. In tutto 108 minuti che aprirono un altro capitolo dell’umanità.
Martedì 12 aprile 2011: nel cinquantesimo di quel volo, si celebra la prima Giornata mondiale dei viaggi dell’uomo nello spazio, approvata dall’Unesco con una risoluzione di pochi giorni prima.
Un’occasione per ribadire l’importanza del volo spaziale come contributo alla scienza, alla tecnologia, allo sviluppo sostenibile, alla collaborazione tra Stati, alla salvaguardia dell’ambiente terreste e dello spazio extra-atmosferico.
Domenica 12 aprile 2020: dopo migliaia di voli, centinaia di astronauti e decine di film sul tema, in questi giorni forse ci suonano familiari le parole iniziali di Joseph Cooper, protagonista di Interstellar (2014): «Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango».
Là era una piaga che impediva la produzione di cibo, ora è un virus che avvelena i polmoni: in ogni caso una tragedia che unisce tutta l’umanità.
Senza fare spoiler, nel film la speranza è affidata al «pensare non come individui, ma come specie» (prof. Brand) e all’amore. Chiavi che qui ed ora, dove gli operatori sono bardati come cosmonauti, possono renderci tutti eroi.

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