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Pesce e pescatori a rischio estinzione se la sostenibilità non fa un tuffo in mare

Per i discepoli di un Maestro che ha chiamato per primi a seguirlo dei pescatori e che amava condividere con loro pasti a base di pesce, non può rimanere indifferente la Giornata mondiale della pesca (21 novembre)...

Pesce e pescatori a rischio estinzione se la sostenibilità non fa un tuffo in mare

Per i discepoli di un Maestro che ha chiamato per primi a seguirlo dei pescatori e che amava condividere con loro pasti a base di pesce, non può rimanere indifferente la Giornata mondiale della pesca (21 novembre).
Alcuni dati ci dicono che anche oggi il fare i conti con la fatica della pesca, il rischio delle reti vuote o piene di pesci cattivi, non è cosa da poco. Ottocento milioni di persone in tutto il mondo dipendono, per l’alimentazione e per il reddito, dalla pesca: sono il 10% della popolazione lavorativa globale e il 97% di essa vive nei Paesi in via di sviluppo. Il mercato internazionale è in grande aumento in questi anni, tanto che si calcola che in questi ultimi tre decenni il consumo di pesce sia più che raddoppiato nel mondo: gli europei mangiano in media 23 kg di pesce all’anno. Questa esplosione risulta incontrollata e porta con sé vari effetti negativi, con il rischio di un impoverimento generale delle risorse e di una tragica crisi ambientale, economica e sociale su larga scala. Prendiamo il caso-Italia che, con la sua tradizione culinaria, è tra i principali consumatori di pesce (29 kg pro capite annuo), ha sempre meno pescatori (tanta fatica e poco guadagno) e ha riserve ittiche a rischio esaurimento: il risultato è che ne importa i tre quarti dall’estero e in particolare circa il 40% dai Paesi in via di sviluppo. Siamo dipendenti anche rispetto a questa materia prima! E questo comporta un forte impatto ambientale e un rendere più caro un prodotto che per la maggior parte delle persone sulla terra non è un lusso, ma qualcosa di essenziale: per tre miliardi di persone è la fonte principale (se non unica) di proteine. Il rischio è che dovremmo farci la guerra per il pesce, tenendo conto che le riserve ittiche si stanno esaurendo (un terzo sono sfruttate oltre i limiti biologicamente consentiti e un altro terzo è in un equilibrio precario) e che vi è un’enorme quantità di pesca illegale: si parla di 26 milioni di tonnellate di pesce all’anno, il 15% dell’attività totale. La sfida è la pesca sostenibile, che non sfrutta in maniera selvaggia, riduce l’impatto ambientale negativo, garantisce occupazione a questa e alle prossime generazioni. Alcuni sondaggi del Wwf incoraggiano perché dimostrano che la gran maggior parte degli italiani è consapevole dell’importanza di acquistare pesce sostenibile ed è disposto a mettersi in gioco per questo; nei suoi canali divulgativi l’associazione stessa offre alcuni strumenti per inserire buone pratiche e salvaguardare il futuro del creato, con il legame inscindibile con quello di tutti noi. In particolare, ci si può informare sull’origine del pesce, sulla quantità ancora presente in natura, sulle modalità di pesca e di trasporto.
Insomma, anche in questo ambito siamo chiamati a rispondere all’appello di Gesù, che non per niente è esplicito nel chiedere di diventare pescatori di uomini e, potremmo allargare, a favore degli uomini, inseguendo logiche di vita e di futuro, non di un immediato dal gusto mortale.

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