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Pesci e pescatori si confrontano: i primi in difficoltà, i secondi pure

di ILARIA BAZERLA
Acque calde, riproduzioni a rischio. E la pesca professionale ne risente

 

Pesci e pescatori si confrontano: i primi in difficoltà, i secondi pure

di ILARIA BAZERLA
Temperatura dell’acqua in continuo aumento, divieti di ripopolamento, bracconaggio ittico: la pesca sul Garda sta affrontando in questo periodo davvero tante sfide. L’innalzamento della temperatura delle acque sta mettendo a rischio il patrimonio ittico del lago di Garda. A soffrirne è in particolare il coregone, o lavarello.
In pieno gennaio, l’acqua ha ancora una temperatura di 10 gradi, troppi perché questa specie cominci la sua attività riproduttiva. La stagione della pesca è appena iniziata, ma c’è preoccupazione tra i pescatori perché, di questo passo, specie come il lavarello sono in pericolo di estinzione. «Sono impensierito dalla situazione – afferma il presidente dell’Unione pescatori sportivi del Garda, Maurizio Scarmigliati – perché frega e possibilità di prelievo quest’anno sono in contemporanea. Per questo avevamo chiesto che la riapertura della pesca fosse posticipata a un periodo congruo per salvaguardare in particolare il coregone».
La richiesta era stata fatta già a novembre scorso, assieme alla Cooperativa agricola fra pescatori di Garda e all’Unione pescatori bresciani, e inviata alle tre Regioni che si affacciano sul lago: Veneto, Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento. E in effetti l’inizio della stagione di pesca è stato posticipato, ma di soli 5 giorni. «Il cambiamento climatico a cui stiamo assistendo – ha proseguito Scarmigliati – sta creando notevoli criticità. Per questo al tavolo interregionale abbiamo portato un’articolata proposta relativa al nuovo regolamento della pesca sul Garda». In particolare, circa gli incubatoi, a metà dicembre è stato riaperto il centro ittiogenico sulla Rivalunga, tra Bardolino e Garda, unico presente su tutta la sponda veronese. Viene oggi gestito da Veneto Agricoltura, dopo due anni di abbandono. Si tornerà a riprodurre il luccio, la tinca, il pesce persico, il cavedano e l’alborella, ma per il coregone bisognerà attendere la fine del 2023, quando finiranno i lavori del nucleo di valutazione istituito dal Ministero dell’Ambiente. Già da due anni il lavarello non viene più immesso, anche a fronte di una normativa a livello europeo che impedisce deroghe alle Regioni per la sua immissione. Ci si potrebbe chiedere come mai l’Unione Europea abbia varato questa normativa. Le finalità sono in realtà volte a un fine positivo, ovvero garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali delle specie di flora e di fauna considerate a rischio di estinzione.
Una legge che pertanto ordina d’immettere nelle nostre acque dolci lacustri solo fauna ittica autoctona, ovvero nativa del XVI secolo, imponendo il divieto d’inserire nelle acque del lago specie considerate “alloctone” (aliene), così come il coregone, le quali porterebbero a una sorta di stravolgimento della biodiversità. Da qui il divieto, da parte dei centri ittiogenici presenti sul Garda, d’immettere uova di coregone nel lago. A ciò si aggiunga l’abbassamento del livello dell’acqua, che agevola la pesca di frodo, mentre i pescatori professionisti – seppur sempre meno – temono che il lavarello, che rappresenta ancora un pesce importante nel pescato lacuale (circa l’80%), non possa più essere immesso nel Garda, con conseguenze di rilievo anche per il comparto turistico e della ristorazione. «Va trovata una soluzione che medi tra le attività di pesca e il mantenimento della biodiversità – interviene il direttore di Veneto Agricoltura, Nicola Dell’Acqua –, una questione che stiamo affrontando in Regione, dove stiamo lavorando per definire la “Carta ittica”. Servono l’aiuto e la collaborazione delle varie associazioni dei pescatori, coordinate da noi di Veneto Agricoltura. Ci aspetta un lungo e complicato lavoro».
Oltre all’incubatoio, sta prendendo forma anche il Parco sperimentale ittiogenico di Peschiera del Garda, grazie a una cospicua donazione di Fondazione Cariverona e della Regione: 340mila euro che permetteranno la realizzazione del primo stralcio del progetto che mette al centro la tutela delle specie ittiche gardesane. «Il Parco verrà realizzato in diverse fasi – spiega l’assessore arilicense con delega alla tutela del lago di Garda, Filippo Gavazzoni – con la posa di letti di frega lungo i canali delle mura e il recupero dei canneti». L’obiettivo è affiancare al centro bardolinese quello di Peschiera in una più grande operazione di ripopolamento ittico del Benaco. «A ospitare il progetto generale – prosegue Gavazzoni – sarà l’edificio dell’ex magazzino asburgico, di fronte alla caserma dei Carabinieri. Appartiene al Genio civile, ma abbiamo già preso accordi per una sdemanializzazione per poter così avviare i lavori di recupero, con un duplice uso: stabilimento ittiogenico per l’alborella al piano terra e zona museale al piano superiore». E a proposito di musei e pezzi di storia, ha chiuso alla fine del 2022 la pescheria della Cooperativa fra pescatori di Garda, in via San Bernardo 79. Aveva compiuto 80 anni a luglio, ma i costi per la gestione erano diventati troppo onerosi per poter proseguire. «La Cooperativa fra pescatori di Garda è tra le più antiche d’Italia – ricorda Antonio Dall’Agnola, penultimo presidente del sodalizio, fino al 2014 –; poi, dagli anni ’60 ci fu un calo del pescato, ma anche di chi sceglieva il lavoro del pescatore e da circa 70 soci siamo arrivati a 10. Non si riusciva più ad avere smercio in zona, per questo abbiamo dovuto optare per la chiusura». 

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