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Aiuto, il Garda quasi senza pesci!

di ILARIA BAZERLA
Pesca selvaggia e insostenibile, fauna a rischio spopolamento: urgono rimedi 

Aiuto, il Garda quasi senza pesci!

di ILARIA BAZERLA

Nelle ultime settimane si è parlato di un allarmante depauperamento dell’ittiofauna lacuale. Molte specie autoctone stanno scomparendo e sia i pescatori sportivi che quelli di professione si dicono preoccupati: se continua così, entro cinque anni non ci sarà più niente da pescare nel Garda. O meglio: niente che valga la pena di essere pescato. Ma quali sono le cause di questo depauperamento? Il clima torrido di quest’estate e la mancanza di precipitazioni che hanno abbassato il livello delle acque del lago e innalzato la loro temperatura? O l’aumento improvviso ed esponenziale di coloro che pescano, anche in grande quantità, nel bacino? Oppure ancora dei cormorani?
Lo abbiamo chiesto a Tiziano Begal, presidente della sezione veronese della Federazione nazionale pesca sportiva. «Questo è certamente un argomento delicato – esordisce – che rischia sempre di offendere qualcuno. Ma partiamo col dire che la siccità non ha avuto un peso effettivo nella questione e i cormorani indubbiamente sono dei distruttori e dovrebbe essere organizzata una campagna di contenimento della specie. Ma neppure loro sono la causa prima di questo impoverimento ittico. Direi piuttosto che la motivazione è legata all’uomo, in particolare alla proliferazione di chi pesca grossi quantitativi di pesce per ogni uscita».
Su questo punto, è d’accordo anche Filippo Gavazzoni, vicepresidente della Comunità del Garda e assessore con delega alla Tutela del lago di Garda. «Bisogna che i pescatori, tutti, sportivi e professionisti, diminuiscano le quantità di pesce che portano a casa per ogni uscita, non c’è altra strada. In seno alla Comunità del Garda, lo scorso giugno abbiamo discusso con le regioni gardesane auspicando una revisione dei periodi di fermo pesca a tutela della riproduzione delle specie ittiche maggiormente a rischio, oltre all’introduzione di limitazioni quantitative sul pescato, da definire in base alle risultanze di un puntuale studio della biomassa ittica gardesana, oggi solo stimata in modo approssimativo». Si chiede inoltre la definizione di quote di pescato pro capite annuale, ma pure maggiori controlli da parte delle guardie volontarie, che dovranno poter operare anche oltre i confini della loro provincia. Infine è considerata necessaria l’introduzione del tesserino segna-catture, essenziale per disporre di un dato preciso sul prelievo ittico e riuscire a mantenere l’ecosistema in equilibrio con ripopolamenti mirati. «Una volta i pescatori di professione pescavano solo quello che era necessario per rifornire hotel e ristoranti della riviera – prosegue Begal – e questo era sostenibile. Oggi invece si può trovare il lavarello del Garda in filetti nei supermercati. Anche all’estero».
La motivazione sta, secondo gli intervistati, sia nel fatto che sono aumentati i pescatori, sia che questi nuovi pescatori devono pescare molto per ottenere un buon compenso quando vanno a vendere il pesce preso, perché quello del Garda viene pagato (quando va bene) attorno ai 3 euro al chilo, «ma si può arrivare anche a meno, mi dicono – sottolinea Begal – e questo è un male per più di un motivo». Ci sono poi pescatori stranieri a rovinare il mercato, vendendo il pesce a poco. «C’è bisogno – interviene Gavazzoni – di valorizzare il pesce gardesano, concedendogli un marchio di eccellenza. Il nostro Garda è uno dei laghi più puliti e presenta una popolazione ittica perlopiù ancora selvatica, naturale, con proprietà che sarebbero da esaltare, così come è stato fatto per il nostro vino e olio. Fare tutti rete e spingere verso un marchio Dop sarebbe utile, a mio avviso, per regolare il mercato puntando non più sulla quantità, bensì sulla qualità. Certo è che tutti – lo dico da pescatore per hobby io stesso – ci dobbiamo autoregolare».
La concorrenza sleale tuttavia si combatte regolamentando maggiormente le licenze, legiferando a livello regionale su un tetto massimo di patentini concessi. Una preghiera che viene sia dalla Comunità del Garda che dai pescatori, sia sportivi che professionisti. La temperatura dell’acqua ha comunque una sua influenza: per esempio la riproduzione di alcune specie autoctone, come i coregoni, se prima avveniva in dicembre, ora è in gennaio e in febbraio già si è riaperto il periodo di pesca, per cui i pesci vengono catturati ancora piccoli e in età non riproduttiva. Non sono pesci che possano spostarsi dove l’acqua è più fredda, perché abbisognano di spiagge dove c’è ghiaia per effettuare la frega. «A breve alcune zone della costa di Peschiera, lontane dalla balneazione e dalla navigazione, saranno adibite a zone di frega per quelle specie ittiche che ne abbisognano», fa sapere il vicepresidente della Comunità del Garda, che prosegue: «Ricostruiremo i letti di frega grazie a un finanziamento del progetto da 350mila euro. Io voglio essere ottimista: i pescatori hanno molta consapevolezza del problema e conoscono bene il lago e la sua fauna». 

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