Una giornata particolare
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“Amo la radio perché arriva dalla gente entra e ci parla direttamente...”

Il 13 febbraio si celebra la Giornata mondiale della radio, nella data della prima trasmissione effettuata dalla sede dell’Onu (1946)

“Amo la radio perché arriva dalla gente entra e ci parla direttamente...”

Il 13 febbraio si celebra la Giornata mondiale della radio, nella data della prima trasmissione effettuata dalla sede dell’Onu (1946). Tra tante possibili paternità (ed estenuanti lotte per i brevetti) si è scelto di non piantare una bandiera nazionale, ma riconoscerlo come un mezzo totalmente universale: è il più diffuso ed è di tutti. L’iniziativa è partita dall’Academia Española de la Radio, a cui si sono aggiunti una cinquantina di enti radiofonici, e infine è stata accolta dall’Unesco dieci anni fa. Questa Giornata vuole essere la festa per uno strumento di vero dialogo, l’occasione per incoraggiare le cooperazioni tra le radio di diverse nazioni (e di conseguenza tra i diversi popoli), un momento di promozione – e verifica – del rispetto della diversità culturale, della libertà di espressione e di accesso all’informazione. Quest’anno si festeggia il 120° anniversario della trasmissione del primo segnale radio transoceanico, realizzato da Marconi, con partenza da Poldhu in Cornovaglia: un passo tecnologico decisivo. Nello stesso anno e nella stessa regione, e specificatamente dalla stazione di Chelmsford, dal 23 febbraio per due settimane si è tenuto il primo regolare servizio radiofonico (due ore quotidiane). Risultava in questo modo ancora più evidente che il desiderio umano di comunicazione e relazione non era un’invenzione né un’illusione vuota, ma qualcosa di così iscritto nella natura che nessuna distanza, ostacolo, differenza poteva bloccarlo. Tragica ironia: i primi grandi utilizzatori della radio furono dittatori come Hitler e Mussolini, per fare propaganda di divisione ed esclusione. Durante la Seconda Guerra mondiale, la stessa tecnologia era usata dagli eserciti per combattersi e dai civili per sentirsi più umani. Il governo inglese scelse in quel conflitto di utilizzare la radio non per una cruda divulgazione di guerra, ma per offrire speranza e supporto alle popolazioni nella zona continentale europea. Il compito fu affidato all’emittente Bbc che mise in piedi quella serie di programmi radiofonici passati alla storia come Radio Londra. La versione in lingua italiana – in cui la 5ª Sinfonia di Beethoven posta in apertura, secondo alcuni, trasmetteva in codice morse la “V” di vittoria – rese famoso il colonnello Harold Stevens (ribattezzato dai nostri connazionali “Colonnello buonasera”) che metteva insieme pragmatismo britannico e calore delle radici napoletane. Emblematico poi quanto successe nella “guerra radiofonica” tra le due parti del muro di Berlino. Le emittenti radiofoniche occidentali venivano ascoltate anche dai giovani ad est: il Partito socialista provò prima a convincerli a cambiare ascolto, poi forzò alla rimozione delle antenne, quindi istituì un programma per disturbare i segnali. Risultò tutto fallimentare e nel 1985 vi era quasi una radio ogni due cittadini della Germania dell’Est! Il desiderio di unione e comunicazione iscritto nell’uomo è più forte di qualsiasi propaganda e di qualsiasi innovazione tecnologica.

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