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“Sottomissione”, un j’accuse all’Occidente progressista

Michel Houellebecq
Sottomissione
Bompiani
pagg. 256 – euro 17,50

Parole chiave: Sottomissione (1), Michel Houellebecq (1)
“Sottomissione”, un j’accuse all’Occidente progressista

Sottomissione non ha fatto in tempo a uscire in Italia, lo scorso 15 gennaio, che già la sua “leggenda nera” lo precedeva. Il libro di cui parlava l’ultimo numero di Charlie Hebdo prima della strage, un libro “anti-Islam”, per alcuni addirittura un testo con retropensiero xenofobo. In realtà bisogna scorrere parecchie pagine dell’ultimo romanzo di Michel Houellebecq per trovare la prima scena dove compaia come comprimaria la religione di Maometto. Un’entrata in sordina, mentre il protagonista si gode un tè nella grande moschea di Parigi non lontana dall’università Sorbona, dove lavora come docente di letteratura ottocentesca. Un Islam “normale”, che pian piano sta prendendo piede nella società francese e che reclama più spazi.
La tesi fantapolitica di Houllebecq è la seguente: siamo nella Francia del 2022 e nella crisi dei partiti tradizionali (su tutti il Ps di uno stanco François Holland) avanza il Front National di Marine Le Pen. Solo un candidato sembra poterle tenere testa: il brillante Mohammed Ben Abbes, francese di origine magrebina a capo del partito dei Fratelli Musulmani, una versione molto più moderata dell’omonimo movimento internazionale attivo soprattutto in Egitto e in Palestina. Sono gli stessi leader politici francesi, dal centro moderato alla sinistra, a decidere per la sua vittoria, arginando la temuta Le Pen.
Niente terrorismo (relegato ad un episodio, dove l’estrema destra ha una sua responsabilità), dunque, ma tanta capacità di attrarre consenso: Ben Abbes sembra avere la bacchetta magica, in pochi mesi crolla la disoccupazione, tornano gli investimenti stranieri, la criminalità si azzera. Sembra tutto perfetto e la crescente popolarità del leader musulmano lo candida a scalare i vertici dell’Europa, dove si moltiplicano i partiti ispirati ai Fratelli Musulmani.
Il ma, solo sussurrato, tra le righe, è che tutto questo benessere ha un prezzo: la rinuncia alla libertà. O, almeno, alla libertà così com’è concepita tradizionalmente dall’Europa laica: parità di genere, “uguaglianza delle opportunità” ed emancipazione sessuale. La disoccupazione è figlia delle donne che lavorano, che vengono incoraggiate a mettere il velo e a stare in casa. Il ruolo della finanza (ma anche quello dello Stato) in economia viene drasticamente ridotto e sono rispolverate le dottrine debitrici ad intellettuali cattolici (come il distributismo di  Chesterton); si privilegiano le attività artigiane e familiari. Insomma, una sottomissione “liberalmente scelta”, perché l’atomismo individualista della modernità occidentale si è rivelato perdente.
Definire l’ultimo romanzo di Houellebecq “politico” è riduttivo. Il tema dominante, come in tutte le opere dello scrittore francese, resta quello delle relazioni interpersonali. Il protagonista, il professor François (non è noto il cognome) è un personaggio indifferente e nichilista, parziale alter ego dell’autore. Privo di una vita di coppia, passa annualmente da una studentessa all’altra e si limita a essere testimone passivo di quanto lo circonda. Figura houllebecquiana, ma anche perfido ritratto di un mondo universitario pigro e ripiegato su se stesso, che l’autore viviseziona con spietatezza.
In Sottomissione c’è un altro personaggio importante: Joris Karl Huysmans. Molti tra i lettori italiani se lo ricorderanno dalle lezioni di letteratura alle superiori, essendo uno degli esponenti principali della corrente naturalista. Tra François e Huysmans c’è un rapporto speciale, che va ben oltre lo studioso e lo “studiato”: due vite parallele (e proprio su questo si gioca il climax finale), un doppio binario che ricorda il rapporto tra i fratellastri Bruno e Michel ne Le particelle elementari, il libro più celebrato dell’autore francese. Provocazione, dunque, ma non rivolta all’Islam; questa volta, piuttosto, è quello stesso mondo “progressista” in cui si è formato l’autore a rivelarsi in tutta la sua inadeguatezza.

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