Il Fatto di Bruno Fasani
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L’apparente debolezza dell’amore in dialogo

Sarà la storia a rendere giustizia a papa Francesco per il suo continuare a spegnere la miccia dei tanti focolai di guerra che si affacciano all’orizzonte planetario. A costo di finire in qualche paradosso. Come l’aver equiparato i terroristi islamici a quei cattolici che ammazzano le donne...

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Sarà la storia a rendere giustizia a papa Francesco per il suo continuare a spegnere la miccia dei tanti focolai di guerra che si affacciano all’orizzonte planetario. A costo di finire in qualche paradosso. Come l’aver equiparato i terroristi islamici a quei cattolici che ammazzano le donne. Un paradosso appunto, perché nessun cristiano ha mai ucciso in nome di Gesù, convinto di finire in paradiso con trecento vergini. Tant’è vero che monsignor Bernardini, vescovo di Izmir in Turchia, ha scritto a lui e ai vescovi della Chiesa cattolica una vera e propria correzione fraterna. Giusto per mettere i puntini sulla “i”.
Va detto comunque che il Papa, il quale sa molto bene cosa vuole e come vuole dirlo, ha tagliato l’erba sotto ai piedi di quella politica che vorrebbe imbastire una guerra di religione tra musulmani e cristiani. Nessun cristiano è in guerra e tanto meno ha intenzione di dichiararla. C’è anche chi ha voluto vedere in queste prese di posizione una palese debolezza dei crociati e una loro rinunciataria sottomissione. È un ragionamento legittimo, ma secondo la carne, come direbbe il Vangelo. Chi ragiona secondo Dio e non secondo gli uomini, sa che l’amore, di cui la croce è il simbolo più alto, costituisce solo in apparenza una debolezza. In realtà è l’unica forza capace di mettere insieme le creature, evitando conseguenze tragiche di cui oggi sarebbe difficile prevedere gli esiti.
Anche la preghiera condivisa, la scorsa domenica, ha lasciato sul campo dubbi e interrogativi. Eppure non deve sfuggire la portata profetica di un gesto di comunione che va guardato con gli occhi di Dio, che è Padre di tutti, e non con quelli delle logiche socio-politiche. Si tratta di un piccolo segno, è vero, come la piccola palla di neve, sperando che il futuro la trasformi in valanga culturale.
La realtà potrebbe indurci a qualche pessimismo. Non va scordato che molti rappresentanti dell’islam si sono espressi in maniera negativa sull’iniziativa, così come qualche altro, non senza un certo peloso opportunismo, ha preso la palla al balzo per rivendicare l’8 per mille anche per i musulmani. In realtà quest’ultimo problema ha una sua causa che non dipende dallo Stato italiano. Dal 2005 il Ministero dell’Interno ha istituito una Consulta islamica in Italia, formulando una Carta dei Valori, cioè dei principi fondamentali della nostra Costituzione, e chiedendo ai vari gruppi della Consulta di sottoscriverli, quale condizione per entrare nel regime dell’8 per mille. Di questa Consulta fanno parte l’Ucoii, l’Unione musulmani italiani, la Coreis, il Centro culturale islamico di Roma. Ebbene, a causa di divisioni interne tra questi gruppi, l’Ucoii che è il gruppo più consistente si è sempre rifiutata di sottoscrivere la Carta. E allora, come può uno Stato aprire i cordoni della borsa a chi non riconosce i principi su cui fonda la propria civiltà?

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