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L’italiano, una lingua amata e da amare

Annalisa Andreoni
Ama l’italiano. Segreti e meraviglie della lingua più bella
Edizioni Piemme,  Segrate (MI) 2017
pp. 204, euro 17,50

L’italiano, una lingua amata e da amare

Era il 27 dicembre 2017: il ministero dell’Università e della Ricerca scientifica pubblica un bando per il finanziamento dei progetti di interesse nazionale. Gli interessati devono compilare l’istanza di partecipazione in lingua inglese. Scoppiano le proteste e Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, dichiara indignato che «abolire l’italiano in una domanda rivolta alla pubblica amministrazione è autolesionista e suicida». Fra l’altro, già nel 2006 la Crusca aveva fatto pressioni sulla Camera perché facesse inserire la tutela della lingua nella Costituzione come parte integrante del patrimonio culturale.
Ci sono voluti prima il Parlamento (1999) e poi la Consulta (2017) a stabilire che “l’italiano è la lingua ufficiale della Repubblica italiana” e che “la centralità costituzionalmente necessaria della lingua italiana si coglie particolarmente nella scuola e nelle università”. Però nelle scuole secondarie e nelle università l’inglese, che è una lingua veicolare, continua a dilagare, producendo un peggioramento nell’uso dell’italiano.
Quest’aspetto è stato affrontato da Annalisa Andreoni nel suo Ama l’italiano. Segreti e meraviglie della lingua più bella, edito per i tipi della Piemme. Partendo dalla sua costante diffusione in Europa, negli Usa, in America Latina, in Australia, l’autrice, docente all’università Iulm di Milano, ripercorre otto secoli di storia della lingua della dolcezza e delle emozioni, secondo le parole del protagonista del romanzo di Thomas Mann Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull: «Gli angeli del cielo parlano italiano».
Autorevoli testimoni danno conto, nel libro, della felicità espressiva della nostra lingua: da madame de Stael a Diderot, da Rousseau a Goethe il quale, nel suo Viaggio in Italia, parla di “lingua amata”. Lingua musicale, ma pure lingua libera che, secondo Voltaire, “dice tutto ciò che vuole, mentre la lingua francese dice solo ciò che può”; lingua nobile, derivata dal latino e dal greco, secondo i canoni indicati da Pietro Bembo nella poesia di Petrarca e nella prosa di Boccaccio. Umanesimo e Rinascimento parlano italiano con le favole di Boiardo e Ariosto e la poesia di Tasso e Michelangelo. L’italiano è la lingua delle arti, dall’architettura alla pittura, che diviene patrimonio comune dell’Europa attraverso i trattati di Leon Battista Alberti, di Leonardo, di Giorgio Vasari, di Sebastiano Serlio. È la lingua della bella prosa scientifica di Galileo Galilei, accademico della Crusca, che scrive in italiano perché “ogni persona la possi leggere”.
La perdita della nostra lingua a favore di un inglese povero, settoriale e tecnicistico, secondo la studiosa, allontanerà sempre più la cultura dai cittadini che parlano italiano. Andreoni ricorda a tutti noi che a Vienna, dove trionfò l’opera italiana per più di un secolo, le tre lingue ufficiali erano tedesco, latino e italiano; che Mozart parlava italiano; che il linguaggio delle partiture musicali e degli strumenti è, ancora oggi, italiano.

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