Il Fatto di Bruno Fasani
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Ora anche per i laici la felicità viene dall’amore del prossimo

Se facessimo un ipotetico sondaggio per sapere cosa pensa la gente della felicità, forse finiremmo travolti dalla valanga dei luoghi comuni. Quelli emotivi, che la considerano un sentimento, legato a qualche momento di piacere e quindi momentaneo e fugace, e quelli razionalisti, convinti che si tratti di un imbroglio semantico, perché tanto ci pensa la vita a portarti coi piedi per terra...

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325), Felicità (5)

Se facessimo un ipotetico sondaggio per sapere cosa pensa la gente della felicità, forse finiremmo travolti dalla valanga dei luoghi comuni. Quelli emotivi, che la considerano un sentimento, legato a qualche momento di piacere e quindi momentaneo e fugace, e quelli razionalisti, convinti che si tratti di un imbroglio semantico, perché tanto ci pensa la vita a portarti coi piedi per terra.
Un certo Gesù, che di brutture ne ha viste, e non poche, dopo aver mostrato ai discepoli qual era il suo modo di vivere, se ne uscì icastico: vi ho detto queste cose perché siate nella gioia. La gioia non è la felicità, ma ne è la figlia, o se volete, l’effetto. Giusto per dire che la felicità non è un’emozione o un sentimento, ma un atteggiamento interiore, una armonia psicologica e spirituale dalla quale fiorisce tutto il resto. È un processo mai terminato, come quando si studia una ricetta, dosando i vari ingredienti, fino a trovare la formula migliore. Il Mahatma Gandhi diceva che essa si ottiene quando c’è perfetta corrispondenza tra il fare, il dire e il pensare.
Nei giorni scorsi alcuni ricercatori della British Columbia University e della London School of Economics hanno pubblicato il World Happiness Report 2019, un documento che prende in considerazione il livello di felicità percepito dalla popolazione di 156 Paesi al mondo. Vi dirò subito che l’Italia, in questa classifica si colloca al 36° posto, recuperando alcune posizioni rispetto al 2018, ma segnando un vero e proprio tracrollo rispetto ai valori dell’inizio del 2000.
Ma non è sull’Italia che mi voglio fermare a riflettere quanto sulle ragioni che fanno oscillare in alto o in basso l’indice di felicità della gente. Tra le cause che la favoriscono, la prima, udite udite, non è la ricchezza, ma l’aiuto al prossimo. E infatti ai vertici della classifica troviamo i Paesi del Nord Europa dove le donazioni riguardano anche il 70% della popolazione. Insomma, farsi carico dei problemi degli altri, non solo gratifica chi ne è beneficato, ma prima di tutto chi fa la beneficenza. E questo perché l’amore per il prossimo affina l’animo mentre rende più accettabile e piacevole la convivenza sociale.
All’opposto, tra le cause di infelicità, soprattutto tra gli adolescenti, lo studio vede in primis l’uso dei social. Strumenti che inducono all’isolamento e quindi ad una involuzione interiore che spesso porta alla depressione, a differenza di chi legge, dorme meglio e frequenta la parrocchia (sic!). Si parla poi di fattori altrettanto devastanti e sono le dipendenze di massa: alcol, tabacco, droghe, scommesse, sesso-dipendenze, videogiochi… e, non ultima, la cattiva politica, che porta sfiducia tra la gente, indirizzandola, di conseguenza, su figure autoritarie che mettono in crisi i principi moderati delle democrazie che funzionano.
Fa piacere che siano le cattedre laiche a rilanciare il tema dell’amore verso il prossimo e la cultura della socializzazione come pedagogia per trovare la felicità. I cristiani, con alterne testimonianze e alterni esiti, ci stanno provando da duemila anni. Sentirci affiancati da tanto sapere non ci consola, per il fatto che ci danno ragione, quanto per risvegliare entusiasmo nel portare avanti un progetto nel quale credere fino in fondo.

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