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Pena di morte: le ragioni per un deciso no

«Faccio appello alla coscienza dei governanti, affinché si giunga ad un consenso internazionale per l’abolizione della pena di morte. E propongo a quanti tra loro sono cattolici di compiere un gesto coraggioso ed esemplare: che nessuna condanna venga eseguita in questo Anno Santo della Misericordia». Parole chiare e inequivocabil...

Parole chiave: Pena di morte (2), Editoriale (409), Alberto Margoni (64), Papa Francesco (121)

«Faccio appello alla coscienza dei governanti, affinché si giunga ad un consenso internazionale per l’abolizione della pena di morte. E propongo a quanti tra loro sono cattolici di compiere un gesto coraggioso ed esemplare: che nessuna condanna venga eseguita in questo Anno Santo della Misericordia». Parole chiare e inequivocabili quelle pronunciate da papa Francesco domenica scorsa dopo l’Angelus in piazza San Pietro. Speriamo trovino ascolto ed attuazione, almeno in qualcuno dei responsabili dei 58 Stati dove la pena capitale è ancora in vigore, tra i quali Stati Uniti, Cina e Giappone. Nel Paese del dragone, dove il numero delle esecuzioni è un segreto di Stato, nel 2014 se ne sarebbero effettuate ben 2.400 sulle 3.576 complessive al mondo. Al secondo posto l’Iran, dove il boia entrerebbe in azione due volte al giorno, anche nei confronti di minorenni, secondo dati non ufficiali forniti da organizzazioni non governative. E sarebbero circa 20mila nel mondo i detenuti in attesa dell’esecuzione capitale, praticata soprattutto in Asia e in Africa.
Certamente dinanzi ad omicidi plurimi e particolarmente efferati, ad atti terroristici che seminano terrore e morte tra persone innocenti, la reazione emotiva porterebbe a giustificare questa condanna. Ma che società è quella che risponde alla morte con un’altra uccisione, oltretutto legalizzata, allungando così la catena del sangue? Di certo non si può definire pienamente civile.
Per non parlare del fatto – come ha ricordato il Pontefice ribadendo la dottrina cattolica – che «le società moderne hanno la possibilità di reprimere efficacemente il crimine senza togliere definitivamente a colui che l’ha commesso la possibilità di redimersi» (cfr. Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, n. 469). Sì, perché questa prospettiva permane sempre, per tutti, finché si resta in vita. Con che diritto negarla? Senza dimenticare che il quinto comandamento «ha valore assoluto e riguarda sia l’innocente che il colpevole».
Giungere ad una moratoria sulla pena di morte non significa dunque eliminare le esigenze della giustizia e della riparazione, per quanto possibile, del male commesso, ma serve a tenere aperte le porte alla speranza, a ribadire il primato e la dignità della persona umana e il fatto che la vita è dono di Dio e non possiamo disporne liberamente.
L’abolizione della pena capitale viene ad essere anche – come ha ricordato il presidente Mattarella – «un dovere e un impegno culturale irrinunciabile».

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