Condiscepoli di Agostino
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Monica: madre straordinaria

Con il Battesimo, ricevuto da sant’Ambrogio nella notte di Pasqua del 387, Agostino cominciava davvero una nuova vita, tutta radicata appunto nel Battesimo. Decide pertanto di lasciare per sempre Milano e di fare ritorno in Africa dove costruire un monastero per sé, per il figlio, per la madre e per pochi amici che condividevano la consacrazione a Dio: “Cercavamo di avere un qualsiasi luogo abbastanza utile al fine di metterci al tuo servizio; insieme facevamo ritorno in Africa. E arrivati a Ostia Tiberina, mia madre morì”.

Con il Battesimo, ricevuto da sant’Ambrogio nella notte di Pasqua del 387, Agostino cominciava davvero una nuova vita, tutta radicata appunto nel Battesimo. Decide pertanto di lasciare per sempre Milano e di fare ritorno in Africa dove costruire un monastero per sé, per il figlio, per la madre e per pochi amici che condividevano la consacrazione a Dio: “Cercavamo di avere un qualsiasi luogo abbastanza utile al fine di metterci al tuo servizio; insieme facevamo ritorno in Africa. E arrivati a Ostia Tiberina, mia madre morì”.
Fu per Agostino un duro colpo. Tuttavia, quando a distanza di oltre un decennio scrisse Le Confessioni, ritenne suo dovere tracciarne una adeguata e riconoscente memoria ad edificazione dei lettori: “Non tralascerò nulla di quanto la mia anima ha partorito nei riguardi di quella tua serva, che ha partorito me anche nella carne, perché nascessi a questa luce temporale e, con il cuore, perché nascessi alla luce eterna”. Una madre davvero santa. Agostino però, il cantore della Grazia, volle acutamente precisare qual era la radice di tale santità: “Non dirò i suoi doni, ma i tuoi. Non si era infatti fatta da se stessa o educata da se stessa: Tu l’hai creata”. Attento osservatore anche degli apporti educativi ebbe giustamente a precisare che l’educazione più incisa Monica non l’ha ricevuta dai genitori, ma da una serva alquanto severa: “E nei riguardi della disciplina educativa non esaltava tanto la cura premurosa di sua madre quanto quella di una vecchia serva, che aveva portato sulle spalle suo padre infante… Per questo e per la vecchiaia e per gli ottimi costumi in quella casa cristiana era alquanto onorata dai padroni. Ragione per cui si prendeva diligente cura delle figlie del padrone, usando sistemi coercitivi nei loro confronti, quando fosse necessario, energica nella santa severità, e usando sobria prudenza nell’istruire… Per questo motivo di dare precetti e con l’autorità del comandare frenava l’avidità dell’età ancora alquanto tenera, e formava la loro stessa sete alla moderazione, al punto che non piacesse ciò che non era lecito”. Interessante quest’ultima precisazione: quella serva era riuscita a far andare a nausea ciò che non era lecito fare.
Certo, nemmeno Monica era nata santa. Da bambina manifestava qualche inclinazione che se non adeguatamente corretta subito avrebbe potuto trasformarsi in vizio, quello del bene: “Come narrava a me suo figlio la tua serva (Monica), si era insinuata in lei l’inclinazione al bere vino… Pertanto, aggiungendo ogni giorno un piccolo sorso ad un piccolo sorso – poiché chi disprezza il poco, un po’ alla volta cade sempre più in basso – si era lasciata scivolare in quella consuetudine, che già ormai con avidità beveva bicchieri pieni di vino puro”. Ma la Provvidenza aveva predisposto il rimedio: una ancella alquanto fastidiosa e intollerante: “Che cosa hai fatto allora, mio Dio? Donde sei riuscito a curarla? Donde sei riuscito a risanarla? Non le hai forse fornito, dalle tue segrete risorse, un’ingiuria dura e pungente da parte di un’altra persona, come un bisturi di medico e con un solo colpo hai reciso quella putredine? Infatti, l’ancella con la quale soleva accedere alla botte, mentre litigava con la piccola padrona, come accade, le buttò in faccia questo vizio con un insulto amarissimo, chiamandola ubriacona. Colpita da quello stimolo, riconobbe quella bruttura, la condannò e se ne liberò”. Ancora una volta Agostino coglie l’occasione per consegnarci una sentenza di alto valore pedagogico: non sempre chi ci ferisce ci è nemico e non sempre chi ci adula è amico: “Come gli amici quando adulano pervertono, così i nemici per la maggior parte delle volte correggono proprio creando situazioni di litigio”.

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