Condiscepoli di Agostino
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La trascendenza ineffabile di Dio

A mano a mano che si inoltrava nella vita, Agostino si immergeva in Dio, che considerava Mistero di amore relazionale trinitario...

Parole chiave: Sant'Agostino (175), Mons. Giuseppe Zenti (310)
La trascendenza ineffabile di Dio

A mano a mano che si inoltrava nella vita, Agostino si immergeva in Dio, che considerava Mistero di amore relazionale trinitario. Tuttavia, proprio a mano a mano che si immergeva in Lui, avvertiva il di più che di Dio sfuggiva alla sua mente, troppo piccola, pur nella sua genialità unica, per “comprendere” Dio. Quante volte Agostino, nell’atto stesso di parlare di Dio, dunque esprimendo qualche cosa su Dio, comprendeva, e faceva capire ai suoi interlocutori, che il suo era solo il balbettio di un infante rispetto alla realtà somma e assoluta di Dio! Ne è un chiaro esempio quanto afferma nel libro settimo, l’ultimo della prima sezione, nella quale Agostino ha scandagliato il Mistero di Dio quale risulta nella Sacra Scrittura, prima di passare in rassegna le possibili tracce di Dio Trinità nell’essere umano creato a sua immagine e somiglianza. Introduce il discorso sulla ineffabilità di Dio, esaminando appunto il senso dell’ineffabilità, come “ciò che in nessun modo si può dire pienamente” (De Trinitate 7,4.7). Applica tale concetto al rapporto in Dio tra essenza e sostanze “una essenza, tre sostanze”. Precisando, nel contempo, l’identità tra il concetto contenuto nel termine greco essenza e quello contenuto nel termine latino sostanza. Per la lingua latina, precisa Agostino, essenza o sostanza sono sinonimi (Cfr. Ivi). Sta di fatto che ci si è dovuti accontentare di questa espressione per esprimere la realtà di “questi tre, di cui la fede vera afferma l’esistenza, quando dichiara che il Padre non è il Figlio e lo Spirito Sano che è il dono di Dio, non è né il Padre né il Figlio. Quando si chiede dunque che cosa sono queste tre cose o questi tre, ci affanniamo a trovare un nome specifico o generico che abbracci queste tre cose, ma non si presenta alla mente, perché l’eccellenza sopraeminente della divinità trascende la capacità del linguaggio abituale” (Ivi). Ed eccoci arrivati al colpo di genio espresso da Agostino nel suo famoso aforisma sull’ineffabilità di Dio: “Quando si tratta di Dio il pensiero è più vero della parola e la realtà è più vera del pensiero” (Ivi: “Verius enim cogitatur Deus quam dicitur, et verius est quam cogitatur”). Dunque, non solo la parola è insufficiente ad esprimere la realtà di Dio, ma persino il pensiero rivela la sua aporia, pur essendo più perspicace della parola. Non ci resta che la vera conoscenza di Dio, quella del riconoscere la sua trascendenza ineffabile: l’adorazione di un Mistero non solo infinitamente più grande di noi, ma appunto nel quale è dato a noi di esistere.

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