Condiscepoli di Agostino
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L’ineffabile esperienza trinitaria

Per Agostino il mistero trinitario è principalmente una questione del cuore e della vita oltre che della mente, mai comunque da lui lasciata in disparte. Anzi, a partire dai dati della fede...

Parole chiave: Sant'Agostino (187), Trinità (8), mons. Giuseppe Zenti (325), Vescovo di Verona (247)

Per Agostino il mistero trinitario è principalmente una questione del cuore e della vita oltre che della mente, mai comunque da lui lasciata in disparte. Anzi, a partire dai dati della fede, esplica la forza della sua razionalità geniale, con una capacità di penetrazione dentro le questioni anche più aggrovigliate e profonde del mistero della vita trinitaria, da lasciare stupiti e senza parole. Lì rivela l’acutezza della sua mente simile allo sguardo dell’aquila, che gli consente di sciogliere i nodi intricati delle eresie trinitarie. Nello sforzo di scrutare il mistero trinitario si è mostrato fermissimo nella sua professione di fede in Dio unico per natura, cioè per essenza, e trino nelle Persone assolutamente uguali nelle attribuzioni divine e chiaramente distinte grazie alle inconfondibili prerogative personali radicate nel dinamismo delle relazioni.

Come annota lui stesso, affronta questa “laboriosa fatica” per profonda convinzione. Lo fa anche con intimo gaudio, perché si sente rappacificato con la sua stessa mente esigentissima, che nulla lasciava in penombra, ogni volta che scopriva qualche squarcio di mistero. Lo fa persino con un certo gusto, che lo gratifica, perché Agostino, ancor prima di pensare il mistero trinitario, lo respira, lo vive. Da vero credente. E, nel viverlo nel profondo di un cuore umile, trova l’habitat più propizio per approfondirne i contenuti con la mente. Sempre comunque consapevole che la sua era l’esperienza dell’ineffabile: di Dio l’uomo può dire solo pochissimo; e quando guarda a Lui, gli è concesso di vederlo solo come in uno specchio opaco.

Lo stato d’animo che sta al fondo di tutta l’opera è quello di un Agostino rapito dall’amore di indagare la Verità, spiritualmente proteso alla visione di Dio a faccia a faccia nell’oltre-tempo, nel mondo dei risorti. Ma intanto, con la sua mente tenta l’impresa audace di sperimentare, anzi, di vedere, l’essenza e la Trinità di Dio proprio con la sua mente, nella fase terrena, ancor prima di vederlo a faccia a faccia, nell’oltre tempo. Alla conclusione del De Trinitate, prima della preghiera solenne, Agostino si sente sospinto ad elevare gli occhi verso quella luce di verità sul mistero trinitario che non con gli occhi fisici, ma solo con quelli spirituali gli sarebbe stato possibile vedere, dopo l’esperienza terrena. Intanto lo ha intravisto con la mente “capace di Dio” (Cfr. De Trin., XV, 27.50)

Una parola sul suo impianto generale. Dei quindici libri sulla Trinità, Agostino dedica i primi sette libri alla riflessione sui dati biblici che parlano del mistero trinitario di Dio. Dal libro ottavo al libro quindicesimo indaga sulle possibili immagini di Dio nell’uomo, nel suo tratto di esteriorità e in quello di interiorità. Più che vere e proprie immagini di Dio, constata che si tratta di tracce del mistero trinitario; potremmo definirle anche segnaletiche vettoriali che si indirizzano al loro polo artico. Il tutto per aiutare chi non ha familiarità con la pura speculazione teologica a trovare tracce di Dio Trinità a partire dall’esperienza personale. Conclude, come di abitudine anche nelle altre due grandi opere, con una preghiera mistica.

Agostino aveva una mente insaziabile. Proprio quella mente, il cui termine ricorre infinite volte nell’opera, soprattutto nella seconda parte, svela potenzialità inedite ed esplosive. Agostino ama porsi domande nei riguardi del mistero di Dio Trinità, alla ricerca assidua e appassionata di trovarvi adeguate risposte. Domande che forse mai sarebbero passate dalla nostra mente. Finché non è soddisfatto lui stesso, non mette il punto fermo, pur consapevole di aver distanziato dietro di lui, o addirittura disseminato, chiunque non è riuscito a tenere diritta la barra della propria attenzione e vivida la propria intelligenza.

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