Condiscepoli di Agostino
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Cristo unico mediatore

Agostino che crede fermamente nell’azione salvifica di Cristo, sperimentata su di sé, non dimentica la presenza devastatrice di satana. Sempre più aggressiva...

Parole chiave: Sant'Agostino (175), Trinità (8)

Agostino che crede fermamente nell’azione salvifica di Cristo, sperimentata su di sé, non dimentica la presenza devastatrice di satana. Sempre più aggressiva. Satana, infatti, non si rassegna alla sconfitta. Al contrario, si attiva per convincere, mediante la superbia, l’uomo a non credere nella potenza redentrice di Cristo. Provvidenzialmente, annota Agostino, molti tra i suoi hanno abbandonato satana per aderire a Cristo, sospinti a Cristo dalle stesse tentazioni di satana. Al diavolo non spetta altro che il fuoco eterno (Cfr. De Trin., IV, 13.18). Purtroppo, i demoni pretendono per sé i sacrifici dovuti al solo vero Dio. E Agostino, come necessaria alternativa, mette in risalto il senso del sacerdozio sommo di Gesù Cristo: “Pertanto, chi tra i sacerdoti è così giusto e santo quanto l’unico Figlio di Dio, che non aveva bisogno di purificare attraverso un sacrificio i propri peccati, né quello originale né quelli che si aggiungono dall’esperienza della vita umana? E che cosa si potrebbe prendere dagli uomini di così congruente da poter essere offerto se non la carne umana?… In ogni sacrificio vengono considerati quattro aspetti: la persona a cui si fa il sacrificio, la persona dalla quale è fatto il sacrificio, la realtà offerta, a vantaggio di chi si compie il sacrificio. Lui stesso in persona (Cristo) è l’unico e vero mediatore, che riconcilia noi con Dio attraverso un sacrificio di pace; rimanendo uno con Colui al quale faceva il sacrificio; facendo una sola cosa in sé con coloro per i quali si offriva; essendo Lui in persona il solo che offriva e il contenuto dell’offerta” (De Trin., IV, 14.19).

Purtroppo, precisa Agostino, non mancano dei cristiani che confidano più sulle loro forze per arrivare a Dio purificati, che sulla grazia di Cristo. E questo a causa della superbia che li contamina (Cfr. De Trin., IV, 15.20). Osserva acutamente: “A che giova per chi è superbo, e per questo si vergogna di salire sulla nave, vedere da lontano la patria oltre il mare?” (Ivi). Gli stessi grandi filosofi, come i neoplatonici, sono stati in grado di risalire, nelle narrazioni storiche, fino alle supreme ed eterne ragioni, ma non le hanno potute valorizzare in funzione del futuro. Cosa resa possibile invece ai profeti (Cfr. De Trin., IV, 16.21). È pur vero che il futuro può essere in qualche modo previsto anche dagli uomini di scienza. I medici, ad esempio, o gli agricoltori o i marinai sono in grado di predire molte cose in base alle loro stesse esperienze accumulate (Cfr. De Trin., IV, 17.22). Ma, per quanto attiene al futuro e alla risurrezione, non c’è bisogno di consultare i filosofi (Cfr. De Trin., IV, 17.23). L’uomo si è trovato gravato sotto il peso delle proprie immondezze. Incapace di liberarsene. Bisognoso di essere purificato. E la purificazione può avvenire nel cuore dell’uomo attraverso la fede: “In quanto siamo mutevoli, altrettanto siamo lontani dall’eternità. Ci viene però promessa la vita eterna mediante la verità, dalla cui evidenza, ancora una volta, la nostra fede dista tanto quanto la mortalità dall’eternità… quando giungeremo alla visione, come alla fede subentra la verità, così alla mortalità subentri l’eternità...  quando la nostra fede con il vedere diventerà verità, allora l’eternità si impossesserà della nostra mortalità ormai commutata… la stessa Verità coeterna al Padre è nata dalla terra, quando il Figlio di Dio venne in modo tale da diventare figlio dell’uomo, per ricevere Egli stesso la nostra fede, che ci conducesse alla sua Verità; Lui ha assunto la nostra mortalità in modo da non perdere la sua eternità… non avremmo potuto passare all’eterno se l’Eterno, associatosi a noi mediante la nostra nascita, non ci trasportasse all’eternità… Pertanto, in Lui anche ciò che aveva avuto origine trapassò nell’eternità; trapasserà anche ciò che è nostro, quando la fede perverrà alla Verità… La Verità certamente permane immortale, incorrotta, incommutabile. La vera immortalità, la vera incorruttibilità, la vera incommutabilità è la stessa eternità” (De Trin., IV, 18.24).

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