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Un legal-drama ambientato nell’America del ’68

Il processo ai Chicago 7
(Usa, 2020)
Regia: Aaron Sorkin
Con: Sacha Baron Cohen, Eddie Redmayne, Joseph Gordon-Levitt

Parole chiave: Il processo ai Chicago 7 (1), legal-drama (1), America (3)
Un legal-drama ambientato nell’America del ’68

Chi si trovasse a riascoltare un antico doppio album di registrazioni dal vivo che si intitola 4 Way Street, con un quartetto di eccezionali musicisti come David Crosby, Stephen Stills, Neil Young e Graham Nash, ascolterebbe quest’ultimo dedicare la sua Chicago ad un certo signor Daley.
Richard Daley era il sindaco della città dell’Illinois nel 1968, quando là si tenne la Convenzione nazionale del Partito Democratico. In quella occasione migliaia di manifestanti si radunarono per protestare, in particolare contro la guerra in Vietnam che era ancora in corso, e anche per fare proposte alternative. C’era il fior fiore dell’azione politica partecipata e diretta, con leader di notevole spessore intellettuale e organizzativo. Un anno dopo alcuni di loro furono condotti a processo, con l’accusa di aver fomentato e attivato una rivolta che, nei giorni della Convention, provocò feriti e arresti a centinaia.
Nato da un progetto di Steven Spielberg, questo film bello e importante è stato affidato alla sceneggiatura e alla regia di Aaron Sorkin, già premio Oscar per The Social Network, e il risultato è davvero notevole.
La solidissima ricostruzione storico-documentaria degli eventi, infatti, viene rafforzata da una scelta di interpreti praticamente perfetta. Vediamo sfilare davanti ai nostri occhi i leader dello Youth International Party Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen) e Jerry Rubin (Jeremy Strong), i capi pacifisti e antimilitaristi David Dellinger (John Carroll Lynch), John Froines (Daniel Flaherty) e Lee Weiner (Noah Robbins), i rappresentanti degli studenti universitari Tom Hayden (Eddie Redmayne) e Rennie Davis (Alex Sharp), ai quali si aggiunse come imputato il fondatore delle Pantere Nere Bobby Seale (Yahya Abdul Mateen II).
Difesi tutti da un collegio di avvocati coordinato da William Kunstler (Mark Ryalance), che si batterono da leoni in un’aula nella quale al pubblico ministero Richard Schultz (Joseph Gordon-Levitt) faceva da contraltare un giudice parzialissimo e quasi insopportabile nel suo essere reazionario come Julius Hoffmann (Frank Langella). Attingendo alla grande tradizione del cinema civile americano e, in particolare, di quello di ambientazione tribunalesca, il film di Aaron Sorkin aiuta tutti noi a ricostruire un’epoca che sembra lontana, ma è molto più vicina di quanto forse non pensiamo.

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