Una giornata particolare
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Le chiamavano “male lingue” ma a L’Aquila erano ben altro

Nel giorno di s. Agnese si usa da secoli celebrare il rito del parlare franco e liberamente

Parole chiave: Ricorrenza (2), Sant'Agnese (1), Una giornata particolare (117)
Le chiamavano “male lingue” ma a L’Aquila erano ben altro

Nel giorno di sant’Agnese (21 gennaio) si celebra a L’Aquila anche la Festa delle Malelingue. Ricordata nel martirologio romano come vergine e martire, uccisa secondo la tradizione il 21 gennaio 305 all’età di 12 anni, Agnese è patrona della città capoluogo dell’Abruzzo, fondata nel 1254 alle pendici del Gran Sasso. Alle origini vi erano 99 castelli che, nati e sviluppatisi nei secoli dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, avevano allora l’esigenza di federarsi in funzione anti-feudale. Distrutta una prima volta dal controverso Manfredi di Sicilia (1232-1266), venne ricostruita come libero comune nel 1266 con Carlo I d’Angiò (1226-1285), ovvero colui che lo sconfisse e che gli succedette come re di Sicilia. Secondo una tradizione, fu proprio in questi primi anni che i cittadini de L’Aquila furono associati all’atteggiamento consueto delle “male lingue”. Sembra, infatti, che fosse costume abituale che molte persone si riunissero presso le osterie per criticare ad alta voce i signori locali, i quali ad un certo punto ne esiliarono alcuni dalla città. Il giorno scelto per annunciare questa pena fu proprio il 21 gennaio, per cui il gruppo di esuli furono identificati come “quelli di sant’Agnese”. Solo sei mesi dopo, per le insistenti domande di madri e mogli, furono riammessi in città ad una condizione: basta malelingue dentro le mura! Rispettosi dell’indicazione, o meglio di una parte, la gente iniziò a ritrovarsi a criticare, con ancora più motivi e astio, in una locanda appena fuori Porta Rivera. Ancora oggi quello rimane l’accesso alla parte più antica della città e ancora oggi numerose “confraternite di male lingue” si ritrovano periodicamente per pasteggiare con piatti e modalità della tradizione. In particolare il 21 gennaio, pur volendo salvaguardare il valore religioso del giorno, viene organizzato un momento conviviale in cui esercitare critica franca e autorevole, ma senza animosità e soprattutto alla presenza delle persone prese di mira. La Confraternita dei “Devoti” di sant’Agnese, che portano avanti questa tradizione insieme ad altre analoghe libere associazioni (spesso legate a specifiche categorie lavorative o sociali) lo definiscono “un momento di singolare affrancamento dal perbenismo di facciata e della monotonia della quotidianità”. Da qualche anno, poi, nel fine settimana precedente viene organizzato un convegno dal titolo “Pianeta Maldicenza”, che – ci tengono a precisare i promotori – non è un festival del gossip, ma un’occasione per “ricordare e celebrare l’antico costume cittadino di parlare liberamente, coraggiosamente e francamente di tutto e di tutti”. Vengono proposte relazioni e dibattiti su temi a carattere locale e internazionale, con una regola fondamentale: “Si dice il male, non si dice male, in un clima di satira mordace mai pettegola, mai diffamatrice, mai calunniatrice”. Insomma, per dirla con termini cari a papa Francesco, sparlare distrugge come una bomba, parlare liberamente e con schiettezza costruisce.

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