Spiato in tv
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Una sfida complessa, ma l’audience...

Il nome della rosa, il famoso romanzo di Umberto Eco scritto 40 anni fa e da cui fu tratto nel 1986 un celebre film con Sean Connery, è approdato finalmente sugli schermi in una miniserie di 4 puntate di produzione italiana.

Parole chiave: Il nome della rosa (1), Spiato in tv (180), Giuseppe Begnigni (48)
Una sfida complessa, ma l’audience...

Il nome della rosa, il famoso romanzo di Umberto Eco scritto 40 anni fa e da cui fu tratto nel 1986 un celebre film con Sean Connery, è approdato finalmente sugli schermi in una miniserie di 4 puntate di produzione italiana. Un’ardua impresa riuscire a dare un taglio in grado di soddisfare chi ha letto il libro o è rimasto affascinato dal lungometraggio per la regia di Jean-Jacques Annaud. Una bella sfida quella che l’autore e regista Giacomo Battiato ha voluto affrontare con una propria specificità regalando scene e paesaggi davvero bellissimi, rendendo bene il clima di quell’epoca, con l’ambiente rozzo dei soldati, un vento di mistero dentro le sacre mura del convento e le arguzie politiche nei palazzi del potere. Secondo uno schema abbastanza frequente, è Adso da Melk, ormai raggiunta la vecchiaia, a ricordare il suo servizio al seguito del maestro frate francescano Guglielmo da Baskerville, intrepretato da Jonh Turturro, inviato come visitatore in un’abbazia delle Alpi. L’ambientazione in un monastero, il linguaggio forbito e ricercato dei religiosi che lo abitano o che vi sono ospitati, gli intrighi tra forza secolare e religiosa, le scene di violenza compongono un’opera di non facile visione. L’elemento forzato del thriller rende poi ancora più avvincente ma anche più oscura la trama, quasi un labirinto come quello della biblioteca del monastero, luogo accessibile solo a pochissimi, dove avvengono strani delitti. Di fatto dopo il boom di ascolti iniziale, frutto di un notevole battage pubblicitario, gli altri appuntamenti hanno visto un notevole ridimensionamento (da 6,5 a 4,7 e poi a 3,9 milioni di telespettatori). È difficile, infatti, seguire la trama dello sceneggiato se non si ha un po’ di dimestichezza con il periodo storico medievale o la pazienza di capire alcuni simboli o seguire diatribe interne ed esterne alla Chiesa. La messa in onda in prima serata è stata, dunque, un azzardo; tuttavia la possibilità di offrire ai telespettatori qualcosa di più sostanzioso rispetto ai lustrini del varietà, alle fiction di successo o al dibattito politico, va segnalata come un tentativo apprezzabile di alzare il livello culturale della televisione italiana. L’aver già venduto questo prodotto in ben 132 Paesi sta a significare che la storia e il cast riescono a destare interesse agli investitori stranieri sebbene questa trasposizione scenica del romanzo non sia in termini assoluti un capolavoro ineguagliabile.

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