Pentagrammi
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Uno strumento prezioso sulla scrittura per la musica

Un libro di pregio è appena uscito, di cui raccomandiamo la lettura sia ai cultori di musica che a quelli di letteratura: La lingua dell’opera lirica, di Ilaria Bonomi ed Edoardo Boroni (il Mulino), che permette una riflessione forse non inutile, riguardo al testo letterario del teatro musicale, molto spesso non solo misconosciuto, ma anche apertamente deprezzato...

Parole chiave: Pentagrammi (37), Musica (19), Mario Tedeschi Turco (14)

Un libro di pregio è appena uscito, di cui raccomandiamo la lettura sia ai cultori di musica che a quelli di letteratura: La lingua dell’opera lirica, di Ilaria Bonomi ed Edoardo Boroni (il Mulino), che permette una riflessione forse non inutile, riguardo al testo letterario del teatro musicale, molto spesso non solo misconosciuto, ma anche apertamente deprezzato.
In un arco di tempo che principia nel 1600, molte sono state la fasi dello sviluppo di questa particolare testualità, e quindi sintetizziamo per punti, anche sulla scorta delle riflessioni e analisi contenute nel saggio, talune essenziali idee sul tema.
1. Il libretto d’opera non è testo autonomo, e quindi non andrà valutato alla stregua di un poemetto, né d’una tragedia o d’una commedia. La scrittura dei librettisti è un palinsesto di previsione, prima della messa in musica. Il che significa che versi altrimenti ridicoli, ovvero monologhi fiacchi, duetti incomprensibili e lessico astruso, ricevono senso esclusivamente dalla successiva opera compiuta nella partitura da mettere quindi in scena.
2. In tale prospettiva, qualunque considerazione “assoluta”, nel merito, vale a dire la lettura pura e semplice del testo letterario, risulta priva di senso: sarebbe come valutare, in un film, la sceneggiatura sulla carta senza vedere il girato.
3. Il librettista – secondo le parole di Rossini riportate da Stendhal – deve fornire “situazioni”, non versi. Questi ultimi possono anche essere in sé mediocri ma, se funzionali alla metamorfosi musicale, diventeranno invece perfetti.
4. Da quest’ultima considerazione, deriva un altro aspetto fondamentale: la drammaturgia, ovvero la capacità del testo scritto di “muovere le figure”, a dirla con Goethe, di creare dinamismo, intensità di presenza dei personaggi, la giusta stasi lirica ove occorra o lo stringere concitato in casi diversi. Tutto questo però sarà percepibile solo nell’opera conclusa, sulla scena o in partitura, ed esula dal valore letterario intrinseco del libretto.
5. È vero che, soffermandoci esclusivamente nell’ambito italiano, sono esistiti letterati per musica di rilevato carattere e stile eccelso. Pensiamo al Busenello nel ’600; pensiamo a Metastasio, soprattutto, uno dei grandi in assoluto del ’700 europeo; e poi a Da Ponte, a Felice Romani o ad Arrigo Boito. Tutti questi nomi, cui se ne potrebbero aggiungere alcuni ancora, sono già di per se stessi poeti finissimi, i quali tuttavia hanno saputo piegare le loro parole a una necessità ben diversa da quella della lettura, appunto quella dell’efficienza di anticipazione cui prima si accennava.
6. Seguendo ancora i fili critici del libro segnalato, potremmo dunque concludere che il “letterato per musica” di qualità è chi sa creare la funzionalità all’intonazione musicale, il che prevede esclusivamente un adattamento dello scritto ai ritmi e ai metri del genere musicale d’impianto, non disdegnando, se del caso, anche ridondanze o arcaismi altrimenti inaccettabili in una pagina destinata alla lettura. Inoltre, è colui che, teatralmente, sa costruire le occasioni per scatenare il fuoco musicale e scenico, badando alla costruzione della tela e non alla pura bellezza della versificazione.
Esiste una nuova disciplina, nell’ambito ad un tempo dell’italianistica, della storia dello spettacolo e della drammaturgia musicale, e si chiama “librettistica”.
Chi voglia accostarvisi ad un livello alto e felicemente complesso, troverà in La lingua dell’opera lirica uno strumento prezioso.

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