Pentagrammi
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Pubblicato un bel compact disc sulla produzione cameristica di Nino Rota

Con la pubblicazione di un cd dedicato a un florilegio di musiche da camera, prosegue la meritoria opera di diffusione delle opere di Nino Rota (1911-1979), compositore famosissimo ma solo per il suo apporto alla musica di commento cinematografica...

Parole chiave: Pentagrammi Cd (1), Nino Rota (1)

Con la pubblicazione di un cd dedicato a un florilegio di musiche da camera, prosegue la meritoria opera di diffusione delle opere di Nino Rota (1911-1979), compositore famosissimo ma solo per il suo apporto alla musica di commento cinematografica. In quest’ambito, si può affermare che non ci sia persona che non conosca almeno i principali dei suoi lavori per Fellini, Visconti e Coppola, ma non altrettanto si può dire invece della sua produzione accademica, che spazia dal sinfonico, all’opera, alla musica liturgica, alla musica da camera. Ed è appunto in tale ambito che l’incisione edita da Decca e affidata al violino di Alessio Bidoli, al pianoforte di Bruno Canino, al flauto di Massimo Mercelli e all’arpa di Nicoletta Sanzin offre un contributo da conoscere: quattro pezzi per violino e piano, uno per flauto e arpa, infine un trio per flauto, violino e pianoforte costituiscono un nutrito menu d’ascolto, eseguito con maestria impareggiabile.
Iniziamo dalla Sonata per flauto e arpa, composta da Rota nel 1939, che è tra tutti i pezzi quello più seducente dal punto di vista della pura bellezza sonora. Principia con una melodia semplicissima, appena screziata da qualche inflessione modale, in cui l’agogica di Allegro moderato, fondendosi con il piano tranquillo ed uguale della dinamica, produce un canto fascinatorio di sottile impatto percettivo, da melopea classica che disegna spazi agresti, suggerisce atmosfere di spossata calura estiva cui la risonanza dell’arpa amplifica l’aura sospesa, davvero incantata. L’Andante sostenuto ribadisce il tono soffuso dell’apertura, mentre il ritmo danzante dell’Allegro festoso di conclusione sposta in modo trionfale il senso del brano verso un vitalismo in cui l’energia cinetica appare tuttavia sempre soggetta a un rigoroso controllo, che fa pensare a quel Ravel che sicuramente era ben presente a Rota quale modello poetico. Un capolavoro che dovrebbe entrare in un ideale “canone minore” novecentesco italiano.
Con la Sonata per violino e pianoforte, del 1937, le forme del neoclassicismo italiano si odono in maniera più rigida, con le inflessioni arcaizzanti, da gregoriano, che erano una cifra stilistica dei musicisti nazionali dell’epoca; ne sortisce un effetto talora ridondante, in cui la scrittura violinistica risente altresì di un eccesso di sentimentalismo, ma ancora una volta il flusso sonoro possiede di per sé una cordialità orecchiabile che ne rende l’ascolto assai piacevole. Su un altro livello di qualità, altissima questa volta, è il Trio per flauto, violino e pianoforte del 1958. Le figurazioni ritmiche ossessive dell’attacco pianistico, sulle quali iniziano le strappate in forte del violino e le rapide volate del flauto in un crescendo spasmodico già dettano, nel primo minuto di musica, un’energia ansiosa modernissima, cui il finissimo gioco di risposte con pause dei tre strumenti, subito dopo, apporta tensione febbrile, via via aumentata nel corso del movimento. Se l’Andante sostenuto è più tradizionale nella forma, pur segnata da asprezze armoniche inaspettate, il finale Allegro vivace con spirito ci riconduce, ma con un sorriso ironico diverso, al tono rutilante di ritmi e timbri cangianti dell’inizio, suggellando un capolavoro che guarda oltre il neoclassicismo, mostrando influenze che provengono dalla musica americana. Delle altre tre composizioni non diremo, se non che s’ascoltano sempre con il piacere che proviene dai semplici lavori ben fatti, come tutto in questo bel disco da avere senz’altro.

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