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Dietro di noi non c’è più l’America a proteggerci

“This is not America”, cantava David Bowie 40 anni fa: questa non è l’America. Già, ma qual è?

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Dietro di noi  non c’è più l’America a proteggerci

“This is not America”, cantava David Bowie 40 anni fa: questa non è l’America. Già, ma qual è?
Ce lo stiamo chiedendo in questi ultimi anni in cui la vediamo smettere i panni di gendarme del mondo, panni ai quali ci eravamo abituati e affezionati: sapevamo che, dietro di noi, c’era sempre lei. Fosse stato il comunismo sovietico, qualche genocidio sparso qua e là, il terrorismo di varia matrice, il gendarme c’era e interveniva.
Ma in realtà gli Stati Uniti d’America hanno interpretato quel ruolo solo per una precisa motivazione: la guerra fredda che spinse gli americani ad imporsi come punto di riferimento del mondo libero, stante il declino delle antiche potenze europee. Gran Bretagna e Francia ripiegavano a una dimensione domestica o comunque ancillare: gli Usa divennero la vera potenza mondiale.
Fino ad allora, l’esatto contrario. Mentre la Grande guerra infuriava nel cuore dell’Europa, gli Usa se ne stavano in disparte: solo negli ultimi mesi, e per esservi stati trascinati dai sommergibili tedeschi, decisero di intervenire con uomini e soprattutto mezzi. E subito dopo tornarono nel loro isolazionismo che prevedeva, al massimo, di mettere il naso nell’orto di casa, il continente americano: qualche ingerenza in Messico o nelle isole caraibiche; qualche affare in Ecuador (banane), Venezuela (petrolio) o Brasile. Il resto del mondo non era contemplato, Europa compresa.
Si arriva quindi al settembre 1939, quando Hitler invade la Polonia e gli alleati franco-britannici dichiarano guerra alla Germania. Non gli Usa, che stanno dalla parte dei cugini inglesi, ma che non muovono un dito. Anzi, la fortuna economica americana che permette a Washington di uscire dalla grande crisi degli anni Trenta, arriva proprio dalle enormi commesse militari pagate da Londra. E fino al dicembre 1941 gli americani si tengono alla larga dal conflitto “europeo”, facendo funzionare le acciaierie dei Grandi laghi a più non posso.
Ci vuole l’assurdo attacco giapponese a Pearl Harbour a trascinare gli americani in un conflitto per i quali non si sentivano preparati né militarmente né psicologicamente. Il terrore di un’invasione giapponese della California, la paura di non essere all’altezza di una macchina da guerra rodata come quella nipponica.
Invece l’intervento americano e, soprattutto, la riscossa sovietica dopo Stalingrado fecero girare la direzione di quel conflitto. Furono appunto i russi a spingere Washington, già nel 1945, a indossare i panni del gendarme del mondo libero. Le truppe americane presidiavano la Germania Occidentale e i confini con il Patto di Varsavia (abbiamo eloquenti tracce pure nel Veronese); l’esercito Usa intervenne in Corea prima che i comunisti del Nord invadessero completamente il Sud; il Giappone piegato divenne la portaerei dalla quale si sorvegliava il Sudest asiatico, Cina in primis. E poi le intromissioni sudamericane (Bolivia, Cile, Panama…), l’intervento in Vietnam e in Indocina, il sostegno a Israele, la guerra fredda con l’Iran degli ayatollah, lo scudo atomico all’Europa mentre il Muro si disgregava, le basi militari in Turchia, Qatar, Filippine, Germania… Fino all’attentato alle Torri gemelle di New York – 20 anni fa – e l’intervento militare prima in Afghanistan e poi in Iraq voluti da George W. Bush.
L’aria isolazionista ricomincia a spirare con la presidenza Obama. Che annuncia il ritiro dall’Iraq e la non ingerenza di fatto negli affari siriani – scelte disastrose che costarono il califfato islamico dell’Isis e migliaia di vittime –; il non intervento in Libia e Ucraina; il progressivo distacco dall’Europa. La stessa musica l’ha suonata Donald Trump: via dall’Afghanistan riceduto ai talebani; via dal Kurdistan abbandonato a sé stesso; nessun interesse per l’Europa.
Joe Biden non ha fatto altro che mettersi nello stesso solco: chi credeva che la nuova presidenza avrebbe rivestito (almeno in parte) i panni del gendarme di cui sopra, è rimasto profondamente deluso. Gli americani si preoccuperanno in futuro solo della montante potenza cinese. Il resto, per loro, è periferia di scarso interesse. Nove americani su dieci non sanno nemmeno dove siano l’Ucraina o il Panshir.
Ma se l’Europa è diventata una Disneyland smilitarizzata; se l’Onu non esiste più; se gli Usa sbandierano solo il motto “America first”, come sarà il mondo di questo 21° secolo?

Foto: volod2943@123RF.com

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