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«Ucraina? Solo una tappa dello scontro tra Usa e Cina»

di ERNESTO KIEFFER
Gli errori di Putin, l'evoluzione geopolitica: parla l'esperto Dario Fabbri 

«Ucraina? Solo una tappa dello scontro tra Usa e Cina»

di ERNESTO KIEFFER
La guerra fra Russia e Ucraina, che secondo le intenzioni del presidente Vladimir Putin doveva durare poche settimane, si sta rivelando una trappola per Mosca e le sue ambizioni di espansione. Un conflitto che, grazie alla resistenza di Kiev e agli errori strategici dell’intelligence russa, rischia di protrarsi ancora a lungo, con la sua inevitabile scia di morte e distruzione.
Ne abbiamo parlato con Dario Fabbri, analista geopolitico e direttore della nuova rivista geopolitica Domino, recentemente intervenuto nella nostra città nell’ambito del Festival del giornalismo di Verona.
– Fabbri, avete intitolato il primo numero della rivista che lei dirige “Ritorno al futuro”, parafrasando un celebre film degli anni Ottanta. Perché?
«Ci sembrava un titolo azzeccato per raccontare questo momento storico, che apparentemente ricorda più un ritorno al passato, al tempo della Guerra fredda. Senza dubbio quello in Ucraina è il conflitto più grave su suolo europeo dai tempi della Seconda Guerra mondiale, con tutto il rispetto per quanto accaduto in ex Jugoslavia negli anni Novanta, che però ebbe un impatto più marginale e locale sul resto dell’Europa. Questa è al contrario una guerra che segnerà il futuro, che sarà sempre più caratterizzato dalla competizione fra le grandi potenze del globo. Siamo, in definitiva, alla resa dei conti totale per la supremazia planetaria, che, attenzione, non è tra Stati Uniti e Russia, ma tra Stati Uniti e Cina. Questa guerra potrebbe accelerare l’arrivo di quella sfida finale, perché spinge sempre di più la Russia – che si è cacciata senza scusanti in questa assurdità – fra le grinfie della Cina. Il Dragone avrà presto dentro di sé l’Orso russo e si prenderà il meglio delle sue risorse: idrocarburi e grano».
– Quali sono i prossimi passi di Mosca?
«A meno di una clamorosa sconfitta, Putin andrà presto – e col cappello in mano – a chiedere aiuto alla Cina per trovare un accordo economico. E l’obiettivo di Pechino, in fondo, è proprio quello di ottenere quelle risorse a prezzi accessibili. A quel punto sarà la stessa Cina a dettare i prezzi a Mosca, che non avrà più, fra i suoi acquirenti, l’Occidente e si dovrà adeguare».
– Tornando al conflitto, quali sono stati, fino ad ora, i principali errori di Putin?
«Sono stati soprattutto di tipo antropologico. Ha creduto che l’omofonia corrisponda a sentimenti simili. Una buona parte dell’Ucraina, in effetti, si esprime in russo e vede nella Russia la madre-patria culturale e ancestrale, ma questo non significa che veda positivamente la guerra che la Russia oggi muove sul suo territorio. Se tu invadi un Paese di 40 milioni di persone con solo 180mila uomini non hai materialmente i numeri per occuparlo, se la popolazione ti è ostile. L’intelligence russa, vedendo i fatti di otto anni fa in Crimea, si era erroneamente convinta che gli ucraini avrebbero accolto i russi come dei liberatori, ma così non è stato. I russi, inoltre, hanno creduto che gli americani – che ad agosto si sono ritirati dall’Afghanistan – non avrebbero mosso un dito per l’Ucraina e invece non solo hanno organizzato una fornitura di armamenti di tre miliardi di dollari, ma adesso stanno per varare un ulteriore pacchetto di aiuti militari di altri 12 miliardi. Gli Usa, quindi, hanno deciso di sostenere questa guerra per “procura” affrontata dall’Ucraina e lo stanno facendo con grande lucidità, con mezzi tecnologici molto superiori a quelli russi».
– L’esercito ucraino, comunque, sta facendo il suo dovere...
«Fino a otto anni fa era oggettivamente sgangherato, impresentabile. Negli ultimi anni, però, è stato addestrato e aiutato dall’intelligence americana a crescere e oggi si dimostra al contrario molto capace. Teniamo poi conto che a combattere per Kiev c’è anche una brigata internazionale, composta da circa 15-18mila veterani (di cui 3mila americani), che sta facendo molto male all’esercito russo».
– La Nato non accetterebbe le condizioni per un cessate il fuoco che invece il presidente dell’Ucraina Zelenski sarebbe anche disposto a considerare. Perché?
«Gli Stati Uniti si sono messi in testa non solo l’obiettivo di lasciare integra l’Ucraina, ma anche rendere innocua la Russia, in modo che nei prossimi anni non possa più fare quello che ha recentemente inflitto ai suoi “vicini”. Hillary Clinton, un paio di mesi fa, ha affermato di voler trasformare l’Ucraina in un nuovo Afghanistan per la Russia. Biden, dal canto suo, durante la sua recente visita in Polonia ha dichiarato, testualmente, che “Putin se ne deve andare, non può più rimanere al potere”. Sono ovviamente obiettivi massimalisti. Agli Usa non conviene, in realtà, spingere la Russia verso la Cina e vorrebbero condurre Mosca alla resa. Ma per arrivare a questo ci sono di mezzo molte “gradazioni”, come, purtroppo, la guerra nucleare. E in questo senso l’escalation di parole può essere decisiva».
– Una guerra nucleare a cui nessuno, nel mondo, potrebbe sopravvivere. Chi avrebbe veramente interesse a lanciare la prima bomba?
«Noi interpretiamo il mondo attraverso le nostre categorie antropologiche, ma non sono applicabili a chiunque. I russi ragionano in maniera diversa da noi e hanno una visione distante da quella occidentale. Sono europei, ma fino a una certa soglia. La loro mentalità è più simile a quella dei grandi imperi. Vedono il mondo in maniera più simile a quella dei cinesi, degli iraniani o dei turchi. Cioè popoli che in passato sono stati grandi potenze e che oggi vivono anche di nostalgie imperialiste. Campano di gloria e sentono lo status di grande potenza e del timore che incutono negli altri e non accetterebbero mai l’idea di una sconfitta militare. Se la situazione precipitasse in Ucraina, come extrema ratio una bomba atomica sul fronte ucraino potrebbero purtroppo anche lanciarla. È vero che il pericolo di una mutua distruzione esiste e che quella sarebbe oggettivamente una follia; ma è altrettanto vero che se gli Stati Uniti rispondessero, la Russia avrebbe a quel punto ancora la capacità di rivolgere il proprio arsenale nucleare direttamente verso gli stessi Stati Uniti. E voi pensate che Washington si farebbe colpire a livello nucleare per difendere l’Ucraina? Personalmente lo trovo altamente improbabile, anche se non del tutto impossibile. E il fatto che non sia impossibile non ci fa dormire bene la notte».
– Dopo un periodo di appannamento, questa situazione può rappresentare per la Nato un’occasione per rinverdire i “fasti” del passato? «Senza dubbio. Macron qualche anno fa definì la Nato morta cerebralmente. Alla vigilia del conflitto, il presidente francese è stato il leader europei che più di tutti è stato al telefono con Putin. Sembrava che avesse strappato la promessa di un ripensamento da parte del presidente russo, che in realtà ha poi deciso in maniera un po’ improvvisa di lanciarsi in una guerra assurda oltre che tragica. La paura della Francia, ora, è che l’Europa sia schiacciata dagli Stati Uniti. Credono, essendo l’unica potenza nucleare dell’Unione, di dover essere loro a guidare la difesa europea; ma questo non accadrà mai finché ci sono gli Stati Uniti di mezzo. L’idea della Francia, poi, è quella di tenere la Russia attaccata all’Europa, proprio perché utile in chiave anti-americana e anti-tedesca, da sempre pallino di Parigi. A proposito: la Germania ha annunciato un investimento di oltre 100 miliardi per il proprio riarmo e proprio non li vedo, i tedeschi, a far comandare l’eventuale esercito europeo ai francesi dopo un tale investimento. La Francia nei prossimi anni rilancerà l’idea delle Forze armate europee, perché crede di poter imbracare in quel modo quelle tedesche. Una proposta, però, che certamente non verrebbe presa bene dagli americani». 

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