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La Specola Vaticana, un binomio tra fede e scienza

Specola Vaticana (ed.)
Esplorare l’universo, ultima delle periferie. Le sfide della scienza alla teologia
A cura di A. Omizzolo
e J.G. Funes, Queriniana
pagg. 248 – 21 euro

Parole chiave: Esplorare l'universo (1)
La Specola Vaticana, un binomio tra fede e scienza

Si deve alla sensibilità culturale e alla lungimiranza di papa Leone XIII se la Santa Sede vanta uno dei più importanti osservatori astronomici del mondo: la Specola Vaticana.
Per la verità, sin dal XVI secolo i pontefici si dimostrarono interessati allo studio dell’astronomia e un notevole osservatorio fu attivato presso il Collegio Romano, il quale, però, nel 1879 venne incamerato dallo Stato italiano, privando la Santa Sede dell’ultimo luogo per le ricerche astronomiche. Una decina d’anni più tardi, per festeggiare il suo giubileo sacerdotale, furono donati a papa Pecci numerosi strumenti scientifici che egli apprezzò molto e fece conservare in Vaticano, presso la “Torre dei Venti” adeguatamente ammodernata: il 14 marzo 1891 Leone XIII, con il motu proprio Ut Mysticam, diede conferma solenne alla fondazione della “Specola Vaticana”. Alla guida di essa si susseguirono vari direttori – nel 1904 ne assunse la presidenza l’arcivescovo di Pisa, poi cardinale, Pietro Maffi, noto per le sue competenze in campo astronomico. Agli inizi degli anni Trenta del Novecento, a motivo della crescente illuminazione del cielo di Roma, la Specola fu trasferita a Castelgandolfo e dotata di una strumentazione molto efficiente e al passo coi tempi. Superata, non senza difficoltà, la tempesta della Seconda Guerra mondiale che causò non pochi danni, la Specola riprese la propria attività, sempre sotto la guida di eminenti scienziati (per lo più gesuiti), realizzando ricerche e studi di altissimo livello.
Una svolta importante ebbe luogo nel 1981, quando la Specola fondò un secondo centro di ricerca, il Vatican Observatory Research Group, a Tucson, nello stato americano dell’Arizona. Di recente, proprio per iniziativa della Specola Vaticana, è stato pubblicato un interessante volume che raccoglie i contributi di vari qualificatissimi autori (Ugo Amaldi, José G. Funes, Michael Heller, George V. Coyne, Alessandro Omizzolo, Jean-Michel Maldamé, Giuseppe Tanzella Nitti, Guy J. Consolmagno e Matteo Bonato). L’eloquente sottotitolo dell’opera – Le sfide della scienza alla teologia – fa ben comprendere lo scopo per il quale è stata scritta, scopo che si dimostra in perfetta continuità con le seguenti parole che il Santo Pontefice Giovanni XXIII rivolse al padre gesuita Martin McCarthy, astronomo della Specola, per indicare quale dovesse essere la missione propria di chi lavorava presso di essa: “Due – disse papa Roncalli – sono i compiti che vi sono assegnati: uno è quello di spiegare il mondo della scienza alla Chiesa cattolica; l’altro è spiegare la Chiesa cattolica ai vostri colleghi scienziati”. Ecco come viene presentato il libro: “Questo non è il classico trattato sui rapporti tra scienza e fede… Qui, uomini di scienza, che sono al tempo stesso uomini di fede, mostrano quanto le domande e gli apporti della scienza siano preziosi per il pensare teologico e per l’azione pastorale. Perché i benefici del progresso scientifico non sono riservati a pochi e privilegiati addetti ai lavori, ma devono contribuire a una comprensione integrale dell’uomo e del suo posto nell’universo”. Dunque, lungi dall’essere ostile all’approfondimento del credo religioso, il sapere scientifico è in grado di apportare contributi importanti alla fede, ponendo domande decisive sul rapporto fra Dio e la natura, sull’origine dell’universo, sulla possibilità che nell’universo esistano altre forme di vita intelligente oltre a quella presente sulla terra. In questo contesto Giuseppe Tanzella Nitti giunge a considerare la cultura scientifica una vera e propria opportunità per la nuova evangelizzazione, superando molti luoghi comuni che hanno caratterizzato i rapporti tra fede e scienza, primo fra tutti quello relativo alla loro insanabile opposizione.

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