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Due famiglie veronesi tra sogni, illusioni e ipocrisie

Emanuele Delmiglio
Lettere dal Brasile
La Torre dei Venti
Milano 2022
pagg. 288 - euro 14

Parole chiave: Emanuele Delmiglio (1), Lettere dal Brasile (1), Libro (64)
Due famiglie veronesi tra sogni, illusioni e ipocrisie

Al termine della lettura di Lettere dal Brasile di Emanuele Delmiglio, romanzo edito dalla Torre dei Venti, la domanda che, inquietante, mi sono posto è: fino a che punto è lecito ingannare una persona per amore, per cercare di salvaguardare il più possibile la sua fragilità? In realtà penso che quest’uomo, uno dei protagonisti della storia, alla fine inganni soprattutto se stesso, come avviene tutte le volte che non siamo in grado di affrontare e condividere una tragedia personale. Ma è nella natura umana la fragilità, fragilità nell’affrontare le emozioni forti e le sconfitte che spesso le accompagnano.

Non è cosa da poco questo viaggio che l’autore ha intrapreso nella vita, nei sentimenti, nei sogni e anche nelle illusioni di due famiglie della Verona dei primi anni Ottanta.

La prima, quella di un tecnico, Franco Benedetti, imprenditore di successo nel campo della stampa e della grafica, che pone la città scaligera all’avanguardia in questo settore a livello mondiale. La città della Mondadori, la più grande impresa editoriale d’Italia, a quel tempo, e di tutto il suo indotto. Ma che nel frattempo vede profilarsi innanzi a sé il baratro del fallimento sia professionale che familiare. Di umili origini, è costretto ad aderire e confrontarsi con una classe imprenditoriale cinica e indifferente, come avviene spesso tra arricchiti senza merito, mentre la crisi con una compagna che ama, ma distante, lo fa scivolare nella depressione.

La seconda, una coppia perfetta, quasi adesiva. Lei un’artista della grafica di successo, ma morsa da un tormento maligno come può essere la perdita di un figlio; lui un marito sin troppo devoto, assalito da sensi di colpa che profilano la loro relazione al limite del patologico. Sullo sfondo un padre, fallito e ammalato, che compare all’improvviso, con tutti i suoi errori e la sua fragilità incompresa, anzi sconosciuta che fa da trait d’union a tutta la narrazione.

Le due vicende si intrecciano in un vissuto pulito, quasi catartico, che mette a nudo le ipocrisie velate e le debolezze degli uni e degli altri e si trasforma in un gioco di svelamento di puri sentimenti, lento ma inesorabile.

L’autore sa guidarci in questi meandri con uno stile preciso, senza cedimenti al compassionevole o al falsamente romantico, con tocco tecnico, quasi specialistico, che evita cadute e smancerie.

Un libro da leggere tutto d’un fiato come un thriller che si dipana in labirinto di animi ed emozioni senza lasciare nulla al caso e che svelerà il non detto con un finale altrettanto emozionante.

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Due famiglie veronesi tra sogni, illusioni e ipocrisie
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