La scuola siamo noi
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Studenti con disabilità in classe: un’opportunità per tutti noi

Ma rimangono problemi per i docenti di sostegno e le competenze da imparare

Parole chiave: La scuola siamo noi (19), Studenti (7), Disabili (45)
Studenti con disabilità in classe: un’opportunità per tutti noi

Recentemente sulla stampa nazionale è nata la discussione sull’opportunità o meno di inserire studenti/esse con disabilità in una classe, in quanto si sostiene che rallentino lo svolgimento del programma e conseguentemente si abbassa il livello di apprendimento del gruppo. Inoltre spesso sono seguiti da docenti di sostegno senza specializzazione o precari, con un turnover di supplenti che potrebbe compromettere la realizzazione del Programma educativo individualizzato dello stesso alunno.
Facciamo il punto della situazione. In Italia la via per l’inclusione, iniziata parecchi anni or sono, è di inserire in classe tutti gli alunni, anche gli stranieri di prima alfabetizzazione, i Bes (Bisogni educativi speciali), i Dsa (disturbi di apprendimento) e gli alunni/e con certificazione legge 104 senza o con gravità.
Così la classe è diventata oggi un organismo molto complesso: per garantire l’inclusione di tutti, è necessario procedere alla personalizzazione del processo di insegnamento-apprendimento, e per questo occorre grande attenzione-competenza a stendere un quadro completo dei pre-requisiti di ognuno, definire le conoscenze previe, le modalità di apprendimento e dei bisogni formativi di ogni singolo alunno.
È un gran lavoro che va effettuato collegialmente da tutto il team docente. Segue la stesura dei Piani di lavoro dei docenti, che devono garantire la realizzazione di un ambiente di apprendimento inclusivo che soddisfi le esigenze formative dei singoli e del gruppo classe.
Premetto che solo gli studenti/esse con certificazione legge 104 con o senza gravità sono affiancati da un insegnante di sostegno, per un minimo di quattro ore e trenta minuti ad un massimo di 18 (scuole secondarie); per un minimo di cinque ore e trenta, ad un massimo di 22 ore (le scuole primarie) e da 6 ore ad un massimo di 25 ore (scuole dell’infanzia).
L’alunno con disabilità grave può essere supportato anche da un operatore socio-sanitario che copre, di norma, la frequenza scolastica.
La logica dell’inclusione italiana fa riferimento alla costruzione di un contesto e di un ambiente di apprendimento che valorizzi le differenze di ogni singolo alunno, come occasione di crescita dall’interazione tra diversi, anche con studenti con disabilità o con disturbi di apprendimento o con disagi socio-culturali. L’azione didattica del docente non è più omogenea per tutto il gruppo: diventa inclusiva e personalizzata perché costruisce un ambiente educativo che coinvolge l’intero gruppo classe, considerando le esigenze formative di ogni singolo componente.
Ma succede davvero così?
L’aumento significativo degli gli alunni con disabilità in questi anni ha comportato un corrispondente aumento dei docenti di sostegno. (dati Usr Veneto: anni scolastici del 2022/23 e 2023/24):
• scuola dell’infanzia da 153 disabili a 166 (+8,5%);
• scuola primaria da 1.847 a 1.930 (+4,49%);
• scuola secondaria di primo grado: da 1.205 a 1.368 (+13,53%);
• scuola secondaria di secondo grado da 838 a 931 (+11,10%).
È vero che le scuole sono costrette ad assumere docenti senza specializzazione, che spesso vengono sostituiti più volte in un anno. Questo avviene anche perché le scuole ottengono molti posti in deroga, avendo le certificazioni tardive rispetto la definizione dell’organico di diritto. Per un alunno/a con disabilità grave, il cambio dei docenti spesso risulta drammatico, ma è questo il vissuto di molte famiglie purtroppo.
L’inclusione di studenti/esse con disabilità grave e gravissima diventa più difficile con il crescere dell’età. Infatti, nelle scuole secondarie di secondo grado, il gap tra il curricolo standard e il percorso individualizzato di un disabile grave diventa molto significativo. Spesso questi ragazzi/e se ne stanno fuori dalla classe, con interventi duali insieme al docente di sostegno o all’operatore socio-sanitario.
Ma allora i problemi descritti inficiano il modello inclusivo italiano?
È verissimo, ci sono ancora problemi da affrontare per realizzare contesti davvero inclusivi nelle nostre scuole, ma sono convinta che il nostro modello sia il più evoluto e il più “giusto” da perseguire, perché risponde alle esigenze di una società complessa con tante disuguaglianze sociali.
Innanzitutto occorre chiarire che l’inserimento di un alunno con disabilità in una classe è vantaggioso per tutti: per i docenti, per gli studenti e per le famiglie, perché abbassa il numero dei componenti della classe. Infatti le classi in cui vi sono alunni con disabilità, di norma non devono avere più di 20 alunni, a condizione che: sia esplicata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili; purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola; ciò sia compatibile con le risorse di organico disponibili.
Inoltre, usufruire dell’insegnante di sostegno (assegnata per ore ad ogni singolo alunno, ma è a tutti gli effetti docente di classe) permette una sistematica azione osservativa degli alunni Bes, Dsa, da alfabetizzare e interventi a piccoli gruppi per il supporto e la personalizzazione di alcuni interventi didattici.
I problemi relativi ai docenti di sostegno si possono risolvere, aumentando, ad esempio, la dotazione organica e offrendo corsi di studi universitari di specializzazione gratuiti (i costi oggi sono interamente a carico del docente). Progettando percorsi di alta formazione su specifiche disabilità: sindrome di down, autismo, minorazione visiva e uditiva, ritardo mentale grave o profondo, perché ognuna di queste disabilità necessita di competenze specifiche. Naturalmente va potenziata la collaborazione tra specialista e scuola.
Ma la riflessione più profonda è questa: facciamoci una domanda, quale società lasciamo alle nuove generazioni? Occorre assicurare ai nostri ragazzi/e una cassetta degli attrezzi ben fornita, con la sicura padronanza delle otto competenze chiave europee (competenza alfabetica funzionale; competenza multilinguistica; competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie; competenza digitale; competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare; competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; competenza imprenditoriale; competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali), assicurando contestualmente lo sviluppo della creatività e la voglia di innovazione.
Ma qual è la competenza delle competenze essenziale per esercitare le altre otto europee? È l’avere cura, che significa “mi interessa”, “mi assumo la responsabilità”, “sono al tuo fianco”, I care (questa espressione ha caratterizzato l’azione formativa di don Milani che voleva trasmettere ai suoi studenti i valori fondamentali della solidarietà, dell’impegno civile, della partecipazione, della coscienza critica, dell’attenzione agli ultimi, a chi ha bisogno, ai fragili). I Care questa frase scritta su un cartello all’ingresso della scuola di Barbiana, riassumeva le finalità di cura educativa di una scuola impegnata a promuovere attenzione verso l’altro, e una presa di coscienza civile e sociale.
Insegnare ai nostri ragazzi e ragazze l’avere cura dell’altro che ti è vicino, guardarlo con occhi positivi, aiutarlo se ha bisogno, generando tenerezza verso il diverso o chi si dimostra in difficoltà. Pensate che competenza fondamentale consegniamo ai nostri alunni, sicuramente sarà la base per esercitare le importanti competenze europee sopra citate.
Ma attenzione, è una competenza che va insegnata: occorre prima di tutto metterla in pratica da parte del docente e poi creare esperienze appropriate per esercitarla.
Ecco il punto fondamentale: quale contesto è più appropriato per insegnare e apprendere ad aver cura, di poter avere un alunno/a con disabilità come compagno/a di classe? È un’occasione unica, privilegiata e facilitante, vedere il compagno/a che ha bisogno di te, della tua amicizia, della tua vicinanza, del tuo aiuto, della tua attenzione, della tua simpatia… Esercitare la vicinanza e la solidarietà sono gli apprendimenti più belli e radicati nel profondo.
Questi compagni/e potranno in futuro esercitare la cura in famiglia, nell’ambiente di lavoro, nel sociale e in tutte le esperienze di vita che faranno.

Credit foto: Photolight2@123RF.com

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