Il Fatto di Bruno Fasani
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Il linguaggio del presepio più potente delle parole

Non avevo mai pensato al fatto che i nostri fratelli ortodossi non allestiscono il presepio come noi cattolici. Vuoi perché guardando alle loro icone ho spesso contemplato la bellezza della maternità della Vergine Madre, come qualcosa di analogo.

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325), Presepe (15), Ortodossi (1)

Non avevo mai pensato al fatto che i nostri fratelli ortodossi non allestiscono il presepio come noi cattolici. Vuoi perché guardando alle loro icone ho spesso contemplato la bellezza della maternità della Vergine Madre, come qualcosa di analogo. Vuoi perché il presepio è talmente radicato nel sentire della nostra tradizione spirituale, da risultare difficile immaginare che qualcuno non senta il bisogno di allestirlo e di gustare il fascino che esso sprigiona.
Perché è evidente che la sua bellezza non è soltanto estetica o romantica. Un presepio dentro casa, così come nelle nostre chiese, non è un addobbo ma una sosta nel Mistero. È profumo di bene che si irradia intorno, quasi a risvegliare l’innocenza che abbiamo perduto nell’indaffarato e congestionato trascorrere dell’anno alle spalle. Davanti al presepio si sta e si sta bene, come se improvvisamente si risvegliasse il bambino che vive dentro di noi, ancora intatto nella sua primordiale vocazione al bene e al trascendente.
Mi raccontano i miei nipoti, di non molto lontani dalla mia anagrafe, di quanto abbia influito nel loro imprinting aver visto, da bambini, lo zio bambino mentre allestiva il presepio. Come se in loro fosse passata dentro una storia fatta di calore umano e di poesia che, a loro volta, hanno trasmesso ai loro figli e ai loro nipotini oggi. Mi torna allora alla mente l’insegnamento di Romano Guardini, un gigante della Chiesa del secolo scorso, che rifiutò per umiltà il cardinalato, il quale sosteneva che il Vangelo si trasmette con il vissuto accogliente dell’amicizia e con l’educazione alla bellezza.
Forse è proprio il ritorno al presepio, voluto da san Francesco, per celebrare la tenerezza di Dio che viene nel mondo, uno degli strumenti più potenti per riaccendere dentro le nostre case il lucignolo della fede, sempre tremolante e sul punto di spegnersi. Sì perché il presepio è come un abbraccio. Si potrà anche essere duri di scorza, ma un abbraccio, quando è vero, ha il potere di sciogliere anche le incrostazioni più dure.
Che andare al presepio sia importante lo hanno capito anche i nostri fratelli ortodossi. Nei prossimi giorni, fino a domenica 23, saranno presenti nella Biblioteca Capitolare, per esporre le loro preziose icone natalizie, ma anche per presentare alcune opere, di recente produzione, che raffigurano la Natività. Sarà presente anche una iconografa serba a dipingere per il pubblico che vorrà ammirare la sua arte. Va da sé che saranno esposti anche i corali della Biblioteca, quelli del 1300 con le miniature del Turone, legate al ciclo del Natale. Una mostra, questa della Capitolare, che è stata fortemente voluta da un monaco, padre Benedetto, del monastero ortodosso di Decani in Kosovo.
Una via ecumenica come la definisce lui, perché la tenerezza di Gesù che viene al mondo sia un grande ponte che consente ai fratelli ancora separati di superare le barriere innalzate nel tempo, per potersi stringere finalmente la mano, segno di riconciliazione del cuore, così come canta la voce umile del Bambino nel presepio.

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