Il Fatto di Bruno Fasani
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Adolescenti e violenza, c’è un vuoto di domani dietro questi fenomeni

Si pensava che il maxiraduno di adolescenti al Pincio, sabato 5 dicembre, finito a botte e con cariche della polizia, fosse un episodio estemporaneo da archiviare tra le intemperanze dovute alla giovane anagrafe. E invece il replay è arrivato puntuale una settimana dopo, a Villa Borghese. Stesso copione, stesse botte, stesso intervento delle forze dell’ordine. Dieci i ragazzi fermati. Il più grande 14 anni.

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Si pensava che il maxiraduno di adolescenti al Pincio, sabato 5 dicembre, finito a botte e con cariche della polizia, fosse un episodio estemporaneo da archiviare tra le intemperanze dovute alla giovane anagrafe. E invece il replay è arrivato puntuale una settimana dopo, a Villa Borghese. Stesso copione, stesse botte, stesso intervento delle forze dell’ordine. Dieci i ragazzi fermati. Il più grande 14 anni.
Stavolta diventa più difficile parlare di fatto episodico. Primo perché l’appuntamento per trovarsi a scazzottare era stato ampiamente pubblicizzato sui cellulari, segno che c’era una precisa intenzionalità. In secondo luogo perché il fenomeno sembra stia prendendo una piega che va oltre i confini della Capitale. Mentre a Roma si giocava coi muscoli, a Venezia andava in scena lo stesso identico copione. Dovremmo dedurne che dopo le sardine in politica, siamo agli squaletti coi brufoli? Difficile sapere che piega prenderà il fenomeno, anche se è opportuno darci un taglio da subito se si vogliono evitare sorprese più amare.
Nel frattempo è cominciata la gara degli opinionisti in libera uscita, favoriti dal fatto che la loquacità sembra dispensare dall’uso dell’intelligenza e della sobrietà. La solita signora, o la solita mamma, frustrata dall’effetto specchio di questi episodi, in cui probabilmente ha visto riflesso il proprio fallimento educativo, si è prodotta in una geremiade contro la società, che non offrirebbe niente ai ragazzi in questo tempo di pandemia (un po’ di volontariato no?), con le discoteche chiuse e locali di divertimento off limits, per cui… Ovvio che spaccarsi il muso, stando a questa logica, dovrebbe rappresentare l’ultima frontiera del divertimento alla faccia di chi, uscito dalla guerra, si è nutrito di sogni gandhiani e speranze di pace.
È anche vero che dietro a questi episodi fa capolino l’abuso di alcol e di sostanze stupefacenti. Il dato non ha bisogno di verifiche, se non quelle che spetterebbero per prime ai genitori al rientro a casa dei loro figli. L’alcoltest, prima dei carabinieri, andrebbe fatto in famiglia, guardandosi in faccia e mettendo sul piatto il peso delle responsabilità. Dei grandi e dei minori.
Personalmente credo però che ci sia qualcosa di ancora più profondo dietro questi fatti. E sono incerto se ricondurlo al campo etico o a quello culturale. Probabilmente ad entrambi. C’è un vuoto di domani in questi ragazzi, che tradotto vuol dire un vuoto di speranza, come se tutto dovesse essere bruciato sull’altare dell’oggi, dentro un’abitudine che è diventata noia e che non si preoccupa delle conseguenze di ciò che si fa nel presente, rispetto al futuro da progettare.
Il 2021 ci consegna il settimo centenario della morte di Dante con la sua Commedia, che è il più grande inno di speranza nel quale siamo portati dentro per riflettere. L’esito è il paradiso, nel giorno di Pasqua, metafora di un viaggio esistenziale, che passa dalla notte del limite e del male, tratteggiata nell’inferno, per approdare a un domani di vita, attraversando le fatiche della purificazione e dell’impegno responsabile. Sarebbe davvero riduttivo pensare a questo capolavoro soltanto in termini teologici. La Commedia è il racconto di ciò che accade tra gli uomini, in tutte le dimensioni del vivere. Mi sono chiesto tante volte perché la parte più conosciuta sia quella che descrive l’inferno. Quella più studiata e anche quella che maggiormente ci prende, nel pensiero e nelle emozioni, quasi che la rassegnazione al male dovesse imporsi come destino inevitabile. C’è un moto che campeggia all’inizio della prima cantica, che non possiamo fare nostro: lasciate ogni speranza voi che entrate. Guardare oltre è un obbligo.

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