Fratelli tutti
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L’amore politico senza confini

All’inizio del capitolo quinto della sua enciclica Fratelli tutti papa Francesco ribadisce un principio sancito dalla dottrina sociale della Chiesa: per sua natura la politica è chiamata ed essere totalmente al servizio del bene comune. In realtà, dove predominano i populismi, contro i quali il Papa si mostra assai severo nello stesso capitolo, e gli interessi economici dei potenti, questo principio è smentito

Parole chiave: Fratelli tutti (10), Papa Francesco (112)

All’inizio del capitolo quinto della sua enciclica Fratelli tutti papa Francesco ribadisce un principio sancito dalla dottrina sociale della Chiesa: per sua natura la politica è chiamata ed essere totalmente al servizio del bene comune. In realtà, dove predominano i populismi, contro i quali il Papa si mostra assai severo nello stesso capitolo, e gli interessi economici dei potenti, questo principio è smentito. A tutto danno del vivere sociale civile, a partire dai meno fortunati sempre più emarginati. Le democrazie hanno nel proprio Dna la spinta a fare di un popolo “una identità comune fatta di legami sociali e culturali” (Ft 158).
Si concentra poi sul “grande tema del lavoro” (Ft 162). Proprio il senso del popolo sospinge ad “assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero” (Ivi). Certo, precisa il Papa, è sempre un gesto altamente umano assicurare il denaro necessario per una vita dignitosa anche per i poveri, almeno nella provvisorietà. Tuttavia, “il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro” (Ivi). Ed insiste: “non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro” (Ivi). In effetti, il lavoro, mentre assicura i mezzi di sussistenza, è luogo di relazioni umane sane e opportunità per esprimere le proprie potenzialità, per sentirsi corresponsabili dello sviluppo dell’umanità (Cfr. Ivi). Il Papa stigmatizza la cultura del liberalismo che considera la società come una mera somma di interessi che coesistono; e simultaneamente la cultura dell’ideologia di sinistra segnata pure da individualismo. In realtà, il vero cambiamento deve avvenire nei cuori, cioè “nelle abitudini e negli stili di vita” (Ft 166). Critica pertanto “il paradigma tecnocratico” (Ivi). Nessun neoliberalismo, con la sua speculazione finanziaria, e con le sue teorie del traboccamento, a beneficio del sociale, è in grado di risolvere le situazioni di inequità: “dobbiamo rimettere la dignità umana al centro” (Ft 168). Già la crisi finanziaria del 2007-2008 doveva insegnare nuove strade ad una economia per il sociale. Mentre di fatto è proprio la dimensione economico-finanziaria che tende a predominare sulla stessa politica (Cfr. Ft 172). Il Papa richiama al riguardo la necessità di riformare l’Onu perché sia messo in condizione di svolgere le sue originarie funzioni di governo dei governi, e non essere mai delegittimata (Cfr. Ft 173). Fortunatamente si è esteso il senso della sussidiarietà verso lo stato nel soccorso dei bisogni dei poveri (Cfr. Ft 175). E precisa la scala valoriale, mettendo al primo posto la politica, al disopra dell’economia e della tecnocrazia (Cfr. Ft 177). Insomma, tutto deve tendere al bene comune. La chiave di soluzione di tanti problemi è data dalla “carità politica” che favorisce processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti (Cfr. Ft 180). E la carità è sempre indisgiungibile dalla verità che esige senso di relazioni universali (Cfr. Ft 184). Altra osservazione interessante: “è un atto di carità l’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria” (Ft 186). E prosegue: “Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro” (Ivi). L’attenzione dunque della politica si dirige prima di tutto verso i più poveri (Cfr. Ft 187). Più precisamente: “I politici sono chiamati a prendersi cura della fragilità dei popoli e delle persone… sono dei realizzatori e costruttori di grandi obiettivi” (Ft 188). Così si raggiunge la “globalizzazione dei diritti umani… La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile” (Ft 189). I veri politici avviano processi di bene comune, alieni dall’ostentazione. Interamente protesi al progresso globale della cittadinanza.

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