Ex Cathedra
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Parole ed espressioni da buttare nel cestino

Ci sono ancora parole che bisognerebbe buttare per usarne di nuove e più calzanti, meno imprecise, magari anche meno volgari?

Parole chiave: Ex Cathedra (34), Lino Cattabianchi (16), Parole (4)

Ci sono ancora parole che bisognerebbe buttare per usarne di nuove e più calzanti, meno imprecise, magari anche meno volgari? Un’infinità che, spesso senza volerlo, prendiamo a prestito dal linguaggio parlato televisivo in primis, radiofonico e, ovviamente, dai social.

Di fronte ad un fenomeno, spettacolo, programma esagerato si ricorre spesso a “è tanta roba”, un’espressione che conserva un che di fortemente materiale nell’immaginario collettivo e attraverso la quale il parlante dichiara implicitamente di non voler assolutamente entrare nell’analisi di ciò a cui accenna. “Tanta roba” è un programma politico, un investimento di qualunque genere, una indicazione che non vuole entrare nello specifico. Equivale a “Ci siamo capiti”, insomma, una forma di praeteritio, un voler andare oltre, tralasciando qualcosa, omettendo di parlarne, magari non sapendo effettivamente nulla della “tanta roba” cui si accenna. Il linguaggio dovrebbe definire la realtà, non solo accennarla, come si legge nella Bibbia che Dio ha dato ad Adamo la facoltà di mettere i nomi alle cose: come dire che il linguaggio crea il mondo e non dovrebbe renderlo più oscuro. Altrimenti si arriva al “latinorum” di don Abbondio: parole usate come un fuoco di sbarramento contro il povero Renzo che voleva solo portare all’altare Lucia Mondella (Promessi sposi, capitolo II, Milano 1840, p. 35).

Sono rimasto sorpreso qualche tempo fa alla presentazione di un libro, perché l’autore faceva un uso smodato di “spoilerare”. Leggo dal Dizionario online dell’Accademia della Crusca, alla voce relativa: “Il verbo è formato per derivazione dal termine spoiler, preesistente in italiano, con l’aggiunta del suffisso -are, e non dal corrispondente verbo inglese to spoil, che avrebbe dato origine a *spoilare. Spoiler ha il significato, registrato dai dizionari sincronici dell’italiano, di ‘informazione che mira a rovinare la fruizione di un film, un libro e simili rivelando la trama, la conclusione, l’effetto sorpresa, eccetera a chi partecipa a un newsgroup, a una mailing list, a una chat’ (Gradit 2007); oggi possiamo affermare che il termine è in uso anche al di fuori di questi specifici contesti”.  Il dizionario dell’Accademia della Crusca, dà, ovviamente, un giudizio di attesa: “Il verbo spoilerare, dal canto suo, non è al momento attestato se non in una minoranza di dizionari e compare molto raramente anche sulla stampa periodica; lo si incontra quasi esclusivamente in contesti ironici e giocosi, anche perché è possibile evitarlo facilmente con circonlocuzioni quali «Tizio ha svelato il finale del film» o «Caio ha rivelato lo snodo cruciale del romanzo». A ogni modo, il suo successo dipende dall’uso che ne farà la comunità dei parlanti”. Credo che non ci sia nessun bisogno di questo neologismo, che suona male e non aggiunge niente di nuovo alle possibilità fornite dalla famiglia dei verbi “rivelare”, “anticipare” in tutte le declinazioni.

Terminiamo con una piccola raccomandazione: se ci sono, e spesso sovrabbondano, meglio usare parole italiane che arrendersi senza combattere alla imperante, sul piano linguistico, british invasion, pur senza arrivare ad un marcato sciovinismo di marca francese. In certi comunicati stampa, o davanti a certe interviste, non si può fare a meno di sorridere davanti alla “mission” o al “target”, tutte espressioni derivate dal linguaggio del marketing che si potrebbero facilmente tradurre con obiettivo, destinazione, bersaglio. La nostra lingua offre infinite possibilità di farci capire che spesso non prendiamo nemmeno in considerazione.

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