Ex Cathedra
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Il sepolcro, nodo di affetti e di memorie

È già entrata nella memoria collettiva la foto della colonna di camion militari che esce da Bergamo per dirigersi in altre città vicine portando le bare dei morti per Coronavirus che i locali impianti di cremazione non riescono più ad accogliere. In tempi di pestilenza non si riesce ad avere cura dei morti...

Parole chiave: Sepolcri (1), Ex Cathedra (34), Lino Cattabianchi (16), Coronavirus (96)

È già entrata nella memoria collettiva la foto della colonna di camion militari che esce da Bergamo per dirigersi in altre città vicine portando le bare dei morti per Coronavirus che i locali impianti di cremazione non riescono più ad accogliere. In tempi di pestilenza non si riesce ad avere cura dei morti: è una costante che possiamo osservare anche in Manzoni, nelle pagine dei Promessi sposi (il trittico è dal 31° al 33° capitolo del romanzo) dove il quotidiano trasporto di malati e cadaveri, al Lazzaretto o alla fossa comune, era affidato ad una genìa di persone di infimo livello, i monatti, che ad un certo punto, in virtù della loro inviolabilità, erano diventati padroni della città, ancora avviluppata negli spasmi della malattia. E poco prima del Manzoni, un altro grande autore della nostra letteratura, Ugo Foscolo, aveva ampiamente trattato il tema delle sepolture e del rapporto fra l’uomo e la morte, nelle sue coniugazioni più articolate, individuali e sociali. Non ne può fare a meno questa rubrichetta di cose vecchie e nuove, specialmente in questi tempi. E parto dal primo accanito lettore di Foscolo, quello che ne diede l’identikit che lo ha qualificato per decenni nella vulgata scolastica e lo ha tramandato fino a noi. Francesco de Sanctis nella sua straordinaria Storia della letteratura italiana, terminata nel 1870, mentre gli italiani entravano in Roma e si completava il sogno dell’unità d’Italia (memorabili le pagine dedicate al Machiavelli), scrive di Foscolo: “I Sepolcri stabilirono la sua riputazione e lo alzarono accanto a’ sommi. Fu chiamato per antonomasia l’‘autore de’ Sepolcri’. E, in verità questo carme è la prima voce lirica della nuova letteratura, l’affermazione della coscienza rifatta, dell’uomo nuovo”. Il poemetto didascalico di 295 versi endecasillabi fu scritto tra l’agosto del 1806 e l’aprile del 1807 e pubblicato in quell’anno a Brescia dall’editore Niccolò Bettoni.
Foscolo, nato nel 1778 a Zante, aveva 28 anni. Al suo attivo, le Ultime lettere di Jacopo Ortis, il grido di dolore per la patria perduta; i Sonetti, dove si fa strada l’idea del sepolcro come nodo di affetti; e le Odi, incentrate sul tema della bellezza. Su questa direttrice, si compie tutto lo sviluppo dei Sepolcri, opera di sintesi, che arriva ad articolare il rapporto tra vivi e morti in una dimensione individuale, sociale, politica e, infine, artistica. Una traiettoria che cerca di far uscire l’individuo dal tempo e dalla consapevolezza che, finita questa dimensione con la morte, la storia può essere riscattata, individualmente e coralmente, da una visione morale della vita, dove al centro ci sono i valori di solidarietà e di condivisione della propria umanità. Una dimensione di grande attualità e che va in controtendenza rispetto ad una certa privatizzazione della morte, al di là di qualunque appartenenza religiosa. Oggi i malati di Coronavirus muoiono soli e senza funerale e in questa situazione di emergenza va ribadito il carattere fondante, nelle comunità umane, del sepolcro come “nodo di affetti” e di memorie, riaffermando il valore della necessità di un ricordo individuale e collettivo di chi non c’è più e per tanti anni ha condiviso coi noi le opere e i giorni.

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Il sepolcro, nodo di affetti e di memorie
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