Editoriale
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Quel che rimane oltre la fatica

In tanti, il giorno seguente alla grande festa di Santa Rita, che si è celebrata anche quest’anno con la consueta partecipazione di fedeli e devoti, mi hanno chiesto se ero stanco...

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In tanti, il giorno seguente alla grande festa di Santa Rita, che si è celebrata anche quest’anno con la consueta partecipazione di fedeli e devoti, mi hanno chiesto se ero stanco. Sì, la fatica per una giornata vissuta dall’alba al tramonto a servizio degli altri si è fatta sentire, ma è stata condivisa con un gruppo di generosi volontari e ripagata dai sorrisi e dai mille grazie della gente. Questo tipo di stanchezza è fisica e con una bella dormita passa. C’è in realtà un’altra forma di fatica, che io ritengo salutare e che non si smaltisce con qualche ora di sonno: sono voci sommesse, sguardi discreti, attese pazienti che interpellano il cuore e la coscienza personale. Quando una persona mi si presenta davanti e non si accontenta della benedizione “normale”, di un po’ di acqua santa, di un santino con la preghierina o di accendere un lumino; ma chiede una “benedizione speciale”. Allora ti accorgi che non te la puoi cavare con qualche frase fatta e con due parole consolatorie. Magari ci sono decine di persone in fila che aspettano il proprio turno per avere la propria “benedizione speciale”, tuttavia un paio di minuti, in disparte, fuori dalle luci del palcoscenico sono sufficienti per “ascoltare con l’orecchio del cuore” – come scrisse papa Francesco nel Messaggio per la 56ª giornata delle comunicazioni sociali –. La benedizione in quel caso consiste nell’ascolto, senza una risposta verbale che non è possibile dare, ma una lacrima prende il posto dell’acqua benedetta e stabilisce una comunione che va oltre quel momento e rimane impressa nel cuore.
Questa in verità è la vera fatica di quella giornata: non avere il tempo e le forze sufficienti per ascoltare tutti, dover procedere perché la folla incalza alla porta di una chiesa troppo piccola e soprattutto non riuscire a portare più di tanto il peso psicologico di chi chiede a parole una benedizione, ma vorrebbe molto di più. Poi, naturalmente, ci sono tante persone che sono venute lì un po’ per curiosità, un po’ per tradizione, forse anche per scaramanzia o magari per rimettersi in pari con la propria coscienza… Chi può sondare cosa c’è nel profondo dell’animo umano? Il giorno dopo il gonfiore ai piedi passa, le immagini si scolorano, i suoni e le voci si stemperano – per fortuna –, rimangono due o tre spine nell’anima da coltivare con santa Rita nella preghiera.

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