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La cultura del “nemico”

Il mio parroco di una volta sosteneva che è possibile trasmettere la fede utilizzando qualsiasi catechismo, perché la cosa più importante non sono gli strumenti...

Parole chiave: Editoriale (380), Stefano Origano (141)

Il mio parroco di una volta sosteneva che è possibile trasmettere la fede utilizzando qualsiasi catechismo, perché la cosa più importante non sono gli strumenti, ma le persone e in special modo i destinatari del messaggio. Lo diceva in relazione ad alcune polemiche sorte tra i sostenitori e i detrattori del catechismo di san Pio X (quello strutturato in domande e risposte e pubblicato per la prima volta nel 1905). A distanza di tempo mi pare che questa regola abbia buone ragioni per essere applicata anche in altri ambiti. Potrebbe essere valida anche in politica?
Mi riferisco alle ultime tornate elettorali sia a livello nazionale che a Verona: abbiamo assistito ad un rovesciamento di ruoli tra maggioranze ed opposizioni e di segno contrario tra la politica nazionale e l’amministrazione del nostro capoluogo. Questi cambiamenti hanno suscitato forti allarmismi e prese di posizione dai toni apocalittici: qualcuno ha paventato la fine della democrazia in Italia e il salto nel vuoto a Verona.
La politica è diventata una sorta di campo di battaglia, dove lo scopo principale non appare quello di proporre e sostenere le proprie idee, ma quello di demolire sistematicamente l’avversario che viene identificato sempre più come incapace o, peggio, come nemico. Ora sono passati alcuni mesi dal momento in cui sono avvenuti i cambiamenti e mi pare che le paventate catastrofi non si siano avverate. Certo: degli errori li hanno commessi, degli scivoloni ci sono stati; ma fondamentalmente fanno la loro parte come la facevano quelli di prima a livello locale e nazionale.
Non intendo dire che allora sono tutti uguali e che non c’è alcuna differenza tra questi e quelli; ma più semplicemente che concentrare tutte le energie nel combattere l’avversario politico può portare nell’immediato ad un rafforzamento del consenso e dell’identità internamente, ma in prospettiva potrebbe accadere che, quando non c’è più il “nemico” da combattere, venga meno anche il senso di sé stessi. Essere al governo o all’opposizione prevede strategie, modalità e linguaggi differenti, ma lo scopo ultimo non può essere quello di far perdere gli altri, bensì quello di vincere con la forza delle idee e delle proposte, puntando lo sguardo sui destinatari: ovvero tutti i cittadini, anche quelli che non votano per il proprio partito.

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