Condiscepoli di Agostino
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Pietro pastore del gregge in Cristo pastore

Da quanto già esposto, Pietro è il primo tra gli Apostoli; su di essi ha il primato, il principato; è tipo e figura della Chiesa nella sua universalità e nella sua unità; è la sua personificazione, in quanto contiene in sé tutte le caratteristiche e i poteri della Chiesa; è la voce di tutti, l’unità fra i molti; è la pietra della Chiesa in Cristo pietra.

Da quanto già esposto, Pietro è il primo tra gli Apostoli; su di essi ha il primato, il principato; è tipo e figura della Chiesa nella sua universalità e nella sua unità; è la sua personificazione, in quanto contiene in sé tutte le caratteristiche e i poteri della Chiesa; è la voce di tutti, l’unità fra i molti; è la pietra della Chiesa in Cristo pietra. Ma Agostino guarda a Pietro anche nella sua funzione di pastore della Chiesa. Precisa tuttavia che, mentre l’ufficio di essere pietra gli era stato affidato da Cristo prima della risurrezione, come risposta alla sua professione di fede cristologica, l’ufficio di pastore gli fu comunicato dopo e in conseguenza della risurrezione, che rendeva salda la sua fede, nella quale doveva, come pastore, confermare i fratelli e, nel contempo, stabile ed efficace il suo amore che era chiamato a riversare, in Cristo, sul gregge. Pietro però è pastore solo in Cristo pastore, dal quale ha ricevuto il compito di pascere, da pastore buono, le pecore che portano il suo sigillo e che perciò non possono essere proprietà di altri al di fuori di Cristo. Infatti c’è “un solo Capo, un solo Corpo, un solo Cristo. Perciò e il Pastore dei pastori, e i pastori del Pastore e le pecore con i pastori sotto il Pastore”. Cristo, nel consegnare a Pietro il suo gregge, gli ha affidato l’unità della Chiesa: “Nello stesso Pietro consegnò l’unità. Molti erano gli Apostoli, e a uno solo viene detto: «Pasci le mie pecore»”. E gli affida il suo gregge in risposta all’amore espresso nei suoi confronti: “Dopo la sua risurrezione il Signore lo interrogò, non perché non conoscesse con quale animo egli confessava l’amore di Cristo, ma per cancellare con la triplice confessione di amore il triplice rinnegamento suggerito dal timore […] Questo pertanto il Signore esige da Pietro: «Pietro, mi ami? Se mi ami: Pasci le mie pecore»”. Ovviamente, Pietro è reso capace di essere pastore nel Pastore solo in forza della risurrezione di Cristo che gli partecipava il suo amore di pastore. Solo allora Pietro è davvero abilitato ad essere pastore, nella consapevolezza che è esclusivamente un ministero di amore pascere il gregge del Signore: “Questa fine ha trovato: di morire di amore perfetto per il nome di colui, con il quale aveva promesso con fretta malvagia di morire. Faccia, rafforzato dalla sua risurrezione, ciò che prematuramente prometteva da infermo. Era infatti necessario che prima Cristo morisse per la salvezza di Pietro, poi Pietro morisse per la predicazione di Cristo”. E Agostino conclude il Sermone con un aforisma di straordinaria efficacia: “Sia dunque ministero di amore pascere il gregge del Signore, se fu indice di timore negare il pastore”. Nell’amare Cristo, Pietro deve amare le pecore fino ad essere disposto a dare la vita per esse: “Promise di morire per lui, e non ebbe neppure la capacità di morire con lui. Ora, il Signore Gesù Cristo, poiché affida al servo le sue pecore che ha comperato con il suo sangue, cerca l’idoneità del servo nella sua capacità di martirio”. Se dunque tale è l’importanza che il Vescovo di Ippona riconosce alla figura e alla funzione ecclesiale di Pietro, si può comprendere perché l’esiguità di presenza da parte dei fedeli nella celebrazione della festa di Pietro (e di Paolo) lo lasciasse rattristato e mortificato: “Che cosa è questa grande pigrizia? Non amate Pietro e Paolo? E può uno dirsi cristiano senza amare Pietro (e Paolo) nel suo animo?”.

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