Condiscepoli di Agostino
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Nella creazione tutto è ordinato dalla Provvidenza

Tra le varie definizioni di Agostino, oltre che poeta della misericordia di Dio, gli si addice quella di cantore della Provvidenza che si rivela nella “bellezza dell’ordine dell’universo” (De civ. Dei, XII, 4). Per questo, scoprendo che tutto entra nell’ordine stabilito da Dio, ci è doveroso “rendere gloria al suo artefice” (Ivi).

Tra le varie definizioni di Agostino, oltre che poeta della misericordia di Dio, gli si addice quella di cantore della Provvidenza che si rivela nella “bellezza dell’ordine dell’universo” (De civ. Dei, XII, 4). Per questo, scoprendo che tutto entra nell’ordine stabilito da Dio, ci è doveroso “rendere gloria al suo artefice” (Ivi).
Agostino si sente attratto e affascinato dall’opera della Provvidenza che tutto dispone secondo un suo misterioso ordine: “Tutte le nature degli esseri creati certamente sono buone, poiché sono e perciò hanno una misura propria, una propria forma e una certa qual pace con se stesse. E poiché non hanno ricevuto il proprio essere per sempre, mutano o in meglio o in peggio, protesi per divina Provvidenza a quel fine che include la ragione del governo universale… Stando così le cose, Dio che è sommamente deve essere lodato dalla considerazione di tutte le nature” (De civ. Dei, XII, 5). E se Dio è la causa prima dell’ordine di ogni cosa, solo ordinando a Lui, che è sommamente, anche la nostra volontà siamo nella felicità, mentre chi si ribella al suo ordine è condannato a vivere nell’infelicità: “Di conseguenza, la più vera causa della beatitudine degli angeli buoni si ritrova nel fatto di aderire a Colui che è sommamente. Mentre la causa della miseria degli angeli cattivi va ricercata nel fatto che, staccatisi da Colui che è sommamente, si sono rivolti a se stessi. E questo vizio che cos’altro si denomina se non superbia? Infatti, ‘inizio di ogni peccato è la superbia’ (Sir 10,13)” (De civ. Dei, XII, 6). Osserva Agostino: “Questa è la prima ribellione e la prima indigenza e il primo vizio di quella natura che è stata creata per essere non sommamente, e tuttavia per poter fruire di Colui che è sommamente al fine di avere la beatitudine, mentre allontanatasi da Lui non divenne un nulla, e tuttavia divenne inferiore e per questo misera. Quando, infatti, la volontà, abbandonato l’Essere superiore, si rivolge alle cose inferiori, diventa cattiva, non perché è male ciò a cui si rivolge, ma perché si è pervertito il suo cambiamento. Non dunque la cosa inferiore ha fatto cattiva la volontà, ma il fatto di aver preferito una cosa inferiore in modo malvagio e disordinato, dopo essersi essa stessa resa cattiva. Se, infatti, a due soggetti, in uguali condizioni interiori e fisiche, capitasse di vedere la bellezza di un unico corpo, e a tale vista uno si sentisse sospinto a fruirne illecitamente, mentre l’altro persevera stabile nella sua volontà pudica, che cosa pensiamo sia la causa per cui in uno la volontà diventa cattiva, mentre nell’altro la volontà non diventa cattiva? Quale cosa l’ha fatta buona o cattiva in colui nel quale è stata fatta? Non certo quella bellezza del corpo: infatti, quella non ha fatto cattiva la volontà in ambedue, quantunque si sia presentata allo sguardo di ambedue in modo non diseguale… la volontà cattiva non deriva dallo stesso essere che è per natura, ma dal fatto che la natura è stata fatta dal nulla…” (De civ. Dei, XII, 6.7). Agostino completa la sua riflessione sul rapporto tra esseri creati, buoni in sé, e la cattiva volontà che ne fa un cattivo uso: “Non si danno esseri che sono un male… L’avarizia non è vizio dell’oro ma dell’uomo perversamente amante dell’oro, abbandonata la giustizia. E la lussuria non è vizio della bellezza e della soavità dei corpi, ma dell’anima perversa che ama i piaceri corporei, trascurata la temperanza. E la superbia non è vizio di chi dà il potere o piuttosto anche del potere ma dell’anima che ama perversamente il suo potere” (De civ. Dei, XII, 8).

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