Condiscepoli di Agostino
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Le caratteristiche del vescovo autentico

Nel contesto della riflessione sulla pace che caratterizza La Città di Dio, nel libro diciannovesimo Agostino precisa un fatto importante: “Questa città del cielo, mentre è esule in cammino sulla terra, accoglie cittadini da tutte le lingue” (De civitate Dei 19,17)

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (310), Vescovo emerito di Verona (21)

Nel contesto della riflessione sulla pace che caratterizza La Città di Dio, nel libro diciannovesimo Agostino precisa un fatto importante: “Questa città del cielo, mentre è esule in cammino sulla terra, accoglie cittadini da tutte le lingue” (De civitate Dei 19,17). E prosegue: “La città del cielo trae profitto dalla pace terrena … e al conseguimento della pace eterna subordina ogni buona azione che compie verso Dio e il prossimo, poiché la vita della città è essenzialmente sociale” (Ivi). Se dunque la vita della città di Dio è essenzialmente sociale, ognuno in essa deve mirare al bene dell’insieme. In qualsiasi genere di vita si venga a trovare. Agostino precisa che i generi di vita possibili sono tre: quello dedito all’attività, quello dedito alla vita spirituale e culturale, definito come otium, e quello misto dei due (Cfr. De civitate Dei 19,19). Tutti e tre sono possibili nella città di Dio, purché, osserva Agostino, ognuno si ponga la domanda su quale verità sta ricercando e quale carità sta praticando. Precisa: “Nella vita attiva non si devono amare l’onore in questa vita o il potere, ma l’attività stessa destinata a contribuire a quel benessere dei sudditi che è secondo Dio” (Ivi). E qui inserisce il tema dell’episcopato, introducendolo con le parole della prima a Timoteo: “Chi desidera l’episcopato desidera una cosa buona”. E spiega che “l’episcopato è nome di onere non di onore” (Ivi).

Dunque, un vescovo autentico cerca nell’episcopato i doveri del vescovo e non gli onori. A questo punto, Agostino delinea la condizione ideale per esercitare l’episcopato: dedicare tempo alla riflessione e contemplazione della Verità, senza mai sottrarsi al ministero di pastore quando viene richiesto dalle necessità della pastorale. Di conseguenza: “L’amore per la verità (Caritas veritatis) ricerca un tempo santo di riflessione (Otium sanctum). La necessità della carità pastorale (Necessitas caritatis) si prende sulle spalle una giusta attività” (Ivi). È l’esperienza stessa di Agostino, che avrebbe desiderato dedicarsi completamente ed esclusivamente alla contemplazione della verità, ma le necessità della vita pastorale lo hanno convinto ad assumersi l’onere prima di presbitero poi di vescovo. I due aspetti, in ogni caso, non vanno mai separati: “Se nessuno ci impone il fardello dell’episcopato, è necessario dedicarsi alla percezione e all’intuizione della verità. Se invece viene imposto, si deve accoglierlo per la necessità della carità pastorale. Ma nemmeno in tale condizione in nessun modo si deve abbandonare il diletto della verità, perché non venga sottratta quella soavità e si venga oppressi da questa necessità” (Ivi).

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