Condiscepoli di Agostino
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L’umiltà del Verbo fatto uomo

Potrà forse sembrare strano il fatto che Agostino tenesse riflessioni di alta teologia alla sua gente, composta in prevalenza di contadini, pescatori, pastori, artigiani...

Parole chiave: Mons. Giuseppe Zenti (318), Vescovo emerito di Verona (27), Aforismi (53), Sant'Agostino (182)
L’umiltà del Verbo fatto uomo

Potrà forse sembrare strano il fatto che Agostino tenesse riflessioni di alta teologia alla sua gente, composta in prevalenza di contadini, pescatori, pastori, artigiani. Non si disperdeva in questioni puramente sociali, in quanto era convinto che solo la teologia dà risposte vere alle questioni sociali. Ovviamente il suo linguaggio era impregnato di immagini popolari, che lo rendevano efficace. E i suoi ascoltatori abituarono il palato culturale a questi cibi. Ne è documento anche il secondo trattato sul Vangelo di Giovanni. È imperniato sull’umiltà del Verbo fatto carne. Guardando a Lui e vivendo in Lui anche il credente in Lui impara la via dell’umiltà che sta alla base di un vivere sociale ad alto quoziente di civiltà. Ecco come introduce il discorso: “Fratelli miei, questo vorrei insinuare nel vostro cuore: se volete vivere piamente e da cristiani, aderite a Cristo secondo ciò che ha fatto per voi, al fine di pervenire a Lui secondo ciò che Egli è e secondo ciò che era. Egli è venuto perché gli infermi transitino il mare e pervengano alla patria”. A questo punto, prima di proseguire sulla linea di pensiero appena avviato, Agostino allarga la sua riflessione facendo riferimento ai filosofi. Essi, osserva, sono stati ingrati verso il Creatore che ha concesso loro ciò su cui hanno riflettuto. E invece di adorare il Creatore hanno adorato gli idoli. Qual è stata la ragione di questo loro traviamento? La superbia! Ecco il testo di Agostino: “Non hanno voluto possedere l’umiltà di Cristo, nella qual nave sarebbero pervenuti sicuri a ciò che hanno potuto vedere solo di lontano. E la croce di Cristo fu per loro oggetto di disprezzo”. Ed ecco l’impennata di Agostino: “Bisogna attraversare il mare e disprezzi il legno? O sapienza superba! Irridi il Cristo crocifisso: è proprio Lui colui che hai visto da lontano. Ma perché è stato crocifisso? Perché il legno della sua umiltà era necessario a te. Infatti, ti eri gonfiato di superbia e ti eri scagliato lontano dalla patria. Credi nel Crocifisso e potrai pervenire. Per te è stato crocifisso, per insegnarti l’umiltà, e anche perché se fosse venuto come Dio non sarebbe stato riconosciuto”. Agostino prosegue affermando che l’Incarnazione ha fatto entrare nel mondo il Figlio di Dio, ma non al modo di un qualsiasi oggetto, bensì “al modo di Artefice, reggendo ciò che era stato fatto. Con la sua presenza governa ciò che ha creato”. E conclude affermando che solo se l’uomo si lascia risanare dall’umiltà del Verbo fatto carne, diventando lui pure umile, è in grado di contemplare la gloria del Verbo.

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